Roma, 3 dic. (askanews) – Il “progetto di vita” per le persone con disabilità rappresentano la vera “chiave” per abbattere le barriere e non solo quelle strutturali. E questo si può fare anche attraverso “una svolta culturale sulla cura”. Proprio in questa direzione un giudizio positivo si può, quindi, esprimere sulla riforma dei caregiver, anche se “servono correttivi”. Questa la posizione della presidente del “Serafico” di Assisi, Francesca Di Maolo, in occasione della Giornata mondiale delle persone con disabilità.
La presidente dell’Istituto, un centro di eccellenza in Italia per la cura e la riabilitazione di persone con disabilità grave e gravissima, analizza i principali cambiamenti introdotti dalla riforma della disabilità: dalle nuove tutele per i caregiver al ruolo centrale del progetto di vita, nella quale, tra passi avanti e criticità, emerge una trasformazione che chiama in causa istituzioni e società.
D. Presidente Di Maolo, quando si parla di disabilità si pensa subito alle barriere architettoniche. Ma quanto pesano ancora oggi le barriere burocratiche?
Di Maolo – “Sono molto pesanti. Chi vive la disabilità come condizione quotidiana sa bene che queste barriere invisibili a volte feriscono più di una rampa mancante, perché costringono le persone ad accumulare certificazioni e a giustificare ogni richiesta. Ogni pratica può voler dire mesi di attesa, ma nel frattempo il bisogno resta. Per un genitore, un caregiver, un familiare, significa vivere sotto uno stress costante. Ma su questo tema il decreto legislativo n. 62 del 2024 incide fortemente, a partire dell’accertamento della condizione di disabilità che sarà gestito da un’unica procedura: la cosiddetta ‘valutazione di base’, affidata all’INPS, che sostituisce il vecchio sistema multi-commissione. La riforma prevede anche che, in caso di condizioni stabilizzate o ingravescenti, non ci siano più le revisioni periodiche, che oltre a essere inutili erano fortemente umilianti. Si supera finalmente la frammentazione tra risposte sanitarie, socio-sanitarie e sociali: non più percorsi separati per invalidità, riabilitazione, sostegni, scuola, inclusione, ma un unico approccio multidimensionale e integrato”.
D. – A che punto siamo, concretamente, con l’attuazione del progetto di vita introdotto dalla riforma 62/2024 (che introduce una definizione di disabilità introducendo nuovi elementi)?
Di Maolo – “Siamo in una fase delicata, quella in cui le norme devono essere messe a terra e trasformate in procedure, servizi e strumenti che le persone possano davvero utilizzare. I provvedimenti attuativi stanno accompagnando le Regioni, ma ora si gioca la partita vera, quella dell’organizzazione dei servizi e della formazione degli operatori. Il progetto di vita non è solo una procedura, è un cambio di sguardo: la persona con disabilità non è più un destinatario passivo, ma il protagonista del proprio percorso. È una trasformazione culturale prima ancora che amministrativa”.
D. – Un altro tassello importante è l’annunciata riforma dei caregiver familiari. Che segnale rappresenta per il Paese?
Di Maolo – “È un passaggio storico: per la prima volta si riconosce giuridicamente il ruolo di milioni di persone che da anni garantiscono cure essenziali spesso in solitudine. I limiti esistono – una platea ristretta, soglie ISEE molto basse per accedervi – ma si è avviato un percorso irreversibile: la cura familiare entra finalmente in un quadro strutturale di diritti e tutele. Ora la sfida è rafforzare questo primo impianto, ampliandolo e rendendolo più equo”.
D. – Che cosa dicono queste riforme, nel loro insieme, sul modo in cui l’Italia guarda oggi alla disabilità?
Di Maolo – “Che stiamo superando lentamente un modello assistenzialista per avvicinarci a un approccio che mette al centro la persona e i suoi diritti. Si riconosce sempre più che la disabilità non riguarda solo chi la vive, ma l’intera comunità. È un cambiamento importante, che però va accompagnato con risorse, continuità politica e attenzione alle disuguaglianze territoriali, altrimenti rischia di restare incompiuto”.

