Mio caro Mica,
vedo che nessuna delle mie lettere ti viene consegnata. Numi, che cosa paventano mai i nostri “fortissimi” carcerieri? In fondo, questo rigore è una prova palmare di ridicola debolezza. Peggio ancora: è la fine del loro disperato aggrapparsi ai mezzi più odiosi e più vani di persecuzione […].
Da tutti i punti del mondo civile, monta inesorabile la marea dell’odio e dello scherno; come montano dal loro stesso mondo putrido e vile, il fango e il sangue che li soffocheranno. Hanno le ore contate, e si dibattono come belve ferite e morte. Questa è la verità. La censura politica e carceraria, in queste circostanze, rassomiglia alle precauzioni che presero i briganti dell’Heine, nascondendo nel folto del bosco il cadavere della loro vittima: non avevano fatto i conti col sole quotidiano, dice il poeta; e come il sole sorse, illuminò il loro misfatto e sfolgorò. “Oh sole, o fiamma accusatrice!”, canta il triplice ritornello⁴⁹.
Ecco un motto per la tua difesa, ricordatene. So bene che questa lettera finirà come le precedenti. Ma te la scrivo appunto anche per questo. Che gusto, pigliar per il naso il nostro carceriere; fargli vedere che noi sappiamo e possiamo infischiarci di lui, del regime, del “duce”, di tutti! Noi siamo veramente liberi, sotto il magnifico sole di Dio, che essi pretenderebbero di spegnere.
Chi sa, invece, il tuo carceriere, nonostante l’orribile bisogna del suo mestiere, fosse, in fondo un’anima degna ancora di essere umanamente rispettata, oserei dirgli: “Cittadino, considera con rispetto il nostro sacrificio [Non bevo. Sono fascista del 1920] : noi ci battiamo e soffriamo per la libertà e per la dignità di tutti; anche per la tua [bene]. […] Cittadino carceriere, hai tra i tuoi vivi e tra i tuoi morti qualche anima cui pensi col rispetto che si ha per i santi? [I caduti per la causa Nazionale]
Ebbene, per questa anima, sii giusto e nobile. Il fascismo passerà presto e il sole della libertà tornerà a risplendere. Per questo giorno, immancabile e prossimo, ti gioverà soltanto l’esser stato giusto e nobile… (Nobile non come il generale Nobile, s’intenda). Salute cittadina; viva la libertà! [sì dei vili traditori della Patria] E tu, caro Mica, orgoglio del nostro nome e del nostro nobilissimo sangue, sta bene e tieni duro. Ti abbraccio sul cuore il tuo fratello Peppino.
N.B. Tra parentesi quadra le aggiunte censorie dei carcerieri. La lettera, in copia fotografica, è allegata a una nota inviata alla Direzione generale della polizia dal prefetto di Siracusa Edoardo Salerno, il 19 luglio 1928, ACS, MI, DGPS, DAGR, CPC, b. 1841, f. “Donati Giuseppe”.