Roma, 24 nov. (askanews) – Festina lente. Come diceva l’imperatore Augusto, affrettati lentamente. È ciò che farà da domani Fratelli d’Italia sulla riforma elettorale. Il tema era già sul tavolo ma i risultati dell’ultima tornata di elezioni regionali di questo 2025 accelerano l’intenzione del partito di Giorgia Meloni di mandare in soffitta il Rosatellum con cui il campo largo, da Renzi ad Avs, passando per Pd e M5s, potrebbe seriamente insidiare la riconferma dell’attuale maggioranza alle prossime elezioni politiche. Quindi, archiviate le regionali e approvata la legge di bilancio, a partire da gennaio si entrerà nel vivo della modifica del sistema di voto anche per evitare che si arrivi a una nuova legge a ridosso dalla elezioni della primavera del 2027.
Il responsabile organizzativo del partito di Giorgia Meloni, Giovanni Donzelli, lo dice chiaramente: “L’Italia sta godendo in questo momento non soltanto di un buon governo ma anche di una stabilità politica che è frutto della compattezza del centrodestra ma anche di una divisione che c’era stata alle scorse elezioni politiche all’interno del campo largo. Se dovessimo votare oggi non ci sarebbe la stessa stabilità politica né in caso di vittoria del centrodestra né in caso di vittoria del centrosinistra”. I sondaggisti confermano che con l’attuale sistema misto – 37% dei seggi assegnato con un sistema maggioritario con i collegi uninominali e il il 61% dei seggi assegnato col proporzionale – e il campo largo unito si rischia un pareggio. Matteo Renzi è netto: “Con questa legge elettorale Meloni a Palazzo Chigi non ci rimette più piede” quindi “da domani mattina proverà a cambiarla”.
Al leader di Italia Viva risponde il presidente dei senatori Fi, Maurizio Gasparri, sottolineando che “il tema è sul tappeto da tempo” e che il voto di oggi “non cambia assolutamente nulla” anche perché “mancano 500 giorni alle elezioni Politiche, è inevitabile che si vada a stringere”. Il sistema che serve, spiega Gasparri, “è simile a quello delle regionali”, un proporzionale con premio di maggioranza. È quello a cui pensa la presidente del Consiglio e di cui si discute nel partito già da un po’. È quello che conferma anche il vicepremier e segretario azzurro Antonio Tajani “per dare anche più rappresentatività ai territori, che oggi con i collegi hanno avuto meno rappresentatività”.
Un tema quello dell’eliminazione dei collegi su cui la Lega fino a un certo punto ha fatto resistenza. Ancora oggi, a taccuini chiusi, un leghista che se ne occupa spiega che fosse per loro tornerebbero al Mattarellum ma anche l’attuale Rosatellum è una buona legge. A sentire gli alleati tuttavia il partito di Salvini si sarebbe rassegnato a rinunciarvi ritenendo dirimenti altri dettagli del nuovo sistema elettorale.
E proprio su quelli che sembrerebbero dettagli ma che poi definiscono la legge elettorale in una direzione piuttosto che in un’altra si giocherà la partita nei prossimi mesi. Lo sbarramento che Fdi vorrebbe basso per consentire a centristi come Calenda di andare da soli alle elezioni e non a ingrossare il campo largo. Il premio di maggioranza, le preferenze che, osserva un esponente del partito di Salvini, “senza fiducia non passeranno mai perché qualunque sindaco se si candidasse alle politiche avrebbe più preferenze di un parlamentare che è stato sempre a Roma”. E poi l’indicazione del capo della coalizione che Fdi vorrebbe ma che non convince gli alleati.
Donzelli assicura che “non ci sono dei dogmi, faremo un confronto sereno perché crediamo che la stabilità serva alla nazione”. Ma per ora le dichiarazioni ufficiali dall’opposizione non sono dialoganti. La segretaria del Pd, Elly Schlein, da Napoli fa sapere che “la destra non ha fatto una proposta, se la farà valuteremo. Ma si parte da una premessa peggiore: la paura di perdere, perchè con la coalizione che abbiamo costruito, nel 2022 non sarebbe andata come è andata. Lo dice anche Donzelli, sanno che il lavoro testardamente unitario con questa legge elettorale perderebbero”.
“Ipocrisie”, le bolla Gasparri, “di chi dice di non volere una cosa ma in realtà è d’accordo”.

