Così è arrivato il Nadef. Sul campo resta, abbastanza malconcio, il ministro Giovanni Tria che, pure, aveva fatto capire di puntare ad altro.
Non si trattava solo di contenere il limite dello sforamento all’1,6%. Bensì, avviare un intervento destinato a creare i presupposti dello sviluppo. Probabilmente, lo avevamo capito male e, per qualche ora, lo avevamo individuato come un Ministro del Tesoro in grado di costringere tutti ad affrontare le questioni preminenti: lavoro, occupazione e, quindi, sostegno ai consumi.
Tria è rimasto al suo posto pronunciando un “ obbedisco” sollecitato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Vedremo quanto Tria resterà al suo posto da “Visconte dimezzato”, di calviniana memoria.
Il Governo ha annunciato il varo di un provvedimento che segna una vittoria soprattutto per Luigi Di Maio.
Non è un caso che dal balcone di Palazzo Chigi si siano affacciati solo i ministri dei 5 Stelle. Intanto, nella piazza sottostante, i parlamentari del Movimento innalzavano le bandiere.
Le riprese strette delle telecamere dei telegiornali hanno dato l’impressione che, davvero, l’italica folla fosse in tripudio per quella che è stata presentata da Di Maio come la “ manovra del popolo”. Egli l’ha definita “ il più grande piano d’investimenti della storia italiana”.
Il costo? Attorno ai 40 miliardi di euro. In realtà, siamo solo di fronte ad un’aggiunta di debito per 27 miliardi che dovrà ulteriormente pagare il popolo italiano. Gli altri 13 saranno trovati grazie all’ennesima riduzione delle spese e ai proventi della “ pace fiscale”. Questa, secondo alcuni, finirà solo per premiare quegli evasori che sono stati bravi a pazientare e ad aspettare il momento buono. Si sa, pecunia non olet.
Il punto della “ pace fiscale” sembra costituire l’unico su cui hanno insistito quelli della Lega. Si sono spinti a prospettare persino la possibilità che questo vero e proprio condono riguardi gli evasori fino a un milione di euro. Sembra che alla fine si contentino dell’asticella posta a quota 500 mila. Ora, non saltino su i soliti maligni a parlare dei tanti evasori che albergherebbero al Nord est, perché ce ne sono tanti altri un po’ dappertutto lungo la Penisola.
Questo provvedimento, dunque, è sostanzialmente a trazione 5 stelle. I pentastellati vedono accolto in pieno quel punto del loro programma elettorale chiamato reddito di cittadinanza.
Come Salvini ha fatto il mattatore nei primi giorni di vita di questo governo sulla questione degli immigrati, ora è la volta dell’altro Vice Presidente a far vedere chi comanda. Sono i Castore e Polluce dell’attuale fase politica italiana.
E’ chiaro che il Def debba essere esaminato andando oltre questi aspetti secondari, relativi alle vicende interne la maggioranza e, persino, a un’evidente sostanza di natura elettoralistica cui esso soggiace.
10 saranno i miliardi destinati al reddito di cittadinanza. La cosa è già stata esaminata abbondantemente e, non mi pare, che abbia avuto commenti molto favorevoli. Non aggiungerò, quindi, i miei e mi limito a porre una semplice domanda: è questo “ il più grande piano d’investimenti della storia italiana”? Sembra di risentire Matteo Renzi con i suoi 80 euro, anche se i 5 Stelle lo definiscono di più ampio respiro.
Mi interessa, però, nello specifico, andare a quei 1,5 – 2 miliardi previsti per rendere effettiva l’attuazione del provvedimento. Cioè la necessaria, lodevole e inevitabile attività che dovrà essere messa in cantiere per ciò che riguarda quelli che una volta erano i vecchi uffici di collocamento. La cifra prevista fa intravedere un importante lavoro di ristrutturazione di un apparato che non produce frutti da decenni. Mi chiedo quale sarà il tempo necessario per fare tutto ciò. I tre mesi di cui si è sentito parlare oppure, più realisticamente, un anno, se va bene, o due anni? I giovani disoccupati possono aspettare ancora tanto?
Andiamo, poi, alla flat tax. Continua il valzer dei livelli. Senza abbandonarsi alla facile ironia sul fatto che il termine inglese in questione preveda altro, e cioè una sola aliquota, c’è da rilevare che il provvedimento finisce davvero per interessare una piccola fascia di piccole imprese e di partite iva. Se anche da questo ci si aspetta chissà quale grande stimolo per la ripresa dell’economia italiana, credo che saranno per primi Salvini e Di Maio a doversi disilludere, anche se non lo diranno mai.
Vi è, poi, un altro punto che colpisce. Quello dell’1,5 miliardi di euro da destinare a chi è finito vittime delle banche.
Sarà necessario sapere chi sarà considerato in questa situazione. I clienti di Banca Etruria, per esempio?, oppure tutti quelli che hanno subito le conseguenze di clausole abusive e di anatocismi presenti in quasi tutti i contratti di mutuo?, o cos’altro? Chi stabilirà chi sono i “ truffati” dalle banche? Noi sappiamo di esserlo in tanti, ma un criterio di riconoscimento e di priorità dovrà pur essere fissato. Aspettiamo, e capiremo.
Devo dire candidamente che da un governo a conduzione dei 5 Stelle mi sarei atteso ben altro. Ad esempio, che fossero le banche a pagare. Mi sarei aspettato di vedere cancellare, o almeno modificare a favore dei più deboli, i provvedimenti varati a favore degli istituti di credito dal Governo Renzi nell’estate del 2016.
Oggi, invece, scopriamo che saranno i contribuenti italiani a mettere mano al portafoglio per risarcire le vittime delle banche. Un bel capolavoro! E alle banche non è detto neppure di non peccare più.
Questa mi appare come una delle più gravi contraddizioni di Di Maio e dei suoi sostenitori.
Credo che il problema vero di questo Def, comunque, sia da individuare nel fatto che il piano appena varato abbia la durata di tre anni. Per tre bilanci dovremo continuare a utilizzare uno sforamento del 2,4 % e, quindi, per lo stesso periodo non saremo proprio in grado di trovare le risorse da destinare davvero agli investimenti e allo sviluppo.
Questo costituisce la vera debolezza di questo Def: l’utilizzo per un lungo periodo di risorse dallo scarso effetto a favore di lavoro, occupazione, consumi, un triangolo, cui sopra mi riferivo, che costituisce l’unico insieme da cui si possa ragionevolmente attendere una ripresa del Pil in grado di consentire, allora sì, una manica più larga e l’utilizzo di un’ulteriore quota di debito pubblico.
Infine, 5 Stelle e leghisti dovranno convenire sui limiti di questo provvedimento soprattutto in relazione al famoso Contratto per il Governo del cambiamento firmato da Di Maio e Salvini in cui pure vedo presenti indicazioni importanti e condivisibili.
Al suo punto 2 si parla di Acqua , prevedendo, tra le altre cose, il “ rinnovo della rete idrica” nazionale.
Al punto 3, Agricoltura e pesca- Made in Italy. Il Made in Italy, oggi tutto in svendita, è un po’ ridotto solo all’agro alimentare, non a caso ci si limita a parlare esclusivamente di etichettatura, ma questo paragrafo prevede interventi concreti, anche sotto il profilo finanziario. Mi concedo una parentesi: ma al leghista Zaia, ex ministro dell’Agricoltura, qualcuno ha detto che in questo contratto si dice esplicitamente che nel corso degli anni “ il Governo italiano è stato remissivo e rinunciatario in Europa rispetto alle esigenze del settore agricolo”?
Al punto 4 è la volta di ambiente, green economy, rifiuti zero, sostegno di ricerca, innovazione e formazione in materia.
Mi fermo qui. Sarebbe impietoso arrivare fino alla fine, dove c’è il punto 29 con Università e ricerca per i quali è prospettato l’arrivo di “ maggiori fondi per incrementare il nostro livello d’innovazione, rendendoli efficaci ed eliminando gli sprechi”.
Cosa accadrà a tutti gli altri punti del Contratto del cambiamento se le risorse disponibili finiranno in gran parte bloccate nel modo che ci è stato prospettato dal Def di Conte, Tria, Di Maio, Salvini?
Non so, allora, se quel tripudio di bandiere sotto Palazzo Chigi fosse davvero fatto per segnalare una vera vittoria per il popolo o solo perché costituiva un’altra di quelle tappe che stanno costellando una campagna elettorale senza fine.