Roma, 17 nov. (askanews) – “Bon The Last Highway, La storia mai raccontata di Bon Scott” è il titolo della più recente biografia firmata da Jesse Fink e dedicata al primo frontman degli AC/DC.
Tradotto in tutto il mondo, il volume viene pubblicato per la prima volta in Italia da Il Castello collana Chinaski mercoledì 19 novembre.
L’approccio è quello dell’investigatore, più che dello scrittore. Così Jesse Fink affronta gli ultimi 32 mesi di vita di Bon Scott, restituendo al pubblico quella che viene definita dalla stampa internazionale come la bibbia sul primo cantante degli AC/DC.
Fink viaggia per il mondo rintracciando compagni di tournée, conoscenti, giornalisti, amici di bevute, fidanzate e addetti ai lavori, tutti più o meno disponibili a raccontare le informazioni in loro possesso. Tra sesso, droga, alcol e rock’n’roll, l’autore ricostruisce questa figura tanto complessa quanto controversa. Retroscena mai raccontati, leggende sfatate, personaggi nell’ombra, costellano questa biografia che vuole innanzitutto fare luce sulla morte del cantante avvenuta in circostanze mai del tutto chiarite.
Un vero e proprio giallo rock, alimentato dalle testimonianze di chi gli fu accanto negli ultimi giorni: da Paul Chapman e Pete Way (UFO) a Alistair Kinnear, Silver Smith e Leslie Loads. Le indagini approssimative, chiuse frettolosamente con la causa imputata all’intossicazione da alcool, non contemplano invece l’overdose di droghe dimostrata nel libro. Un racconto che non manca di lanciare frecciate al clan degli Young, che non solo hanno sempre negato le loro testimonianze allo scrittore, ma pare abbiano anche impedito ad ex membri della band o dell’entourage degli AC/DC di rilasciare interviste.
Le ipotesi di Fink, partorite dopo aver scandagliato decine di testimonianze più o meno dirette, riaccendono anche quelle voci secondo cui Bon avrebbe scritto i testi di “Back In Black”, l’album della svolta pubblicato appena sei mesi dopo la sua morte. L’autore dipinge inoltre un ritratto intimo e profondo di Bon, lontano dall’immagine stereotipata della rockstar autodistruttiva: un uomo sensibile, tormentato, in costante conflitto con sé stesso. Le pagine del libro rivelano anche le tensioni interne alla band, suggerendo che Bon si sentisse emarginato e, a tratti, desideroso di lasciare il gruppo. Fink costruisce così una sorta di sliding door: cosa sarebbe accaduto se Bon non fosse morto? Come sarebbe cambiato il corso della musica mondiale, e quale volto avrebbe oggi quel marchio globale che è diventato sinonimo degli AC/DC, attualmente di proprietà del solo Angus Young? “Bon: The Last Highway” include anche una sezione fotografica con immagini e documenti inediti, che arricchiscono ulteriormente il racconto di una delle figure più carismatiche e misteriose della storia del rock.

