Roma, 9 nov. (askanews) – Dopo un varo apparentemente senza intoppi, già alla prima curva la nuova fase del progetto dell’euro digitale appena lanciata dalla Bce – quella di “sviluppo” – si ritrova all’improvviso in salita. Sulla strada si materializzano ostacoli e possibili resistenze finora rimaste forse sottotraccia.
La scorsa settimana, è stata infatti presentata una proposta di emendamenti dal relatore sul progetto di legge per l’euro digitale, lo spagnolo Fernando Navarrete Rojas, del gruppo del Partito popolare europeo, che ha avuto l’effetto se non di ribaltare il tavolo, quantomeno di sparigliare le carte.
La settimana prima, il Consiglio direttivo Bce era riunito in trasferta a Firenze, ospitato dalla Banca d’Italia. Un evento molto scenografico se non proprio “coreografato” dall’istituzione Ue, con il filmato autoprodotto della presidente Christine Lagarde che gira tra i banchi di un mercato fiorentino guardando i prezzi, Lagarde che passeggia lungo l’Arno, Lagarde dal parrucchiere. E poi il via libera del direttorio, appunto, alla nuova fase dell’euro digitale.
Forse perché così presi dalle mondanità dello spettacolare scenario fiorentino, apparentemente alla Bce erano ignari del colpo di scena che pochi giorni dopo sarebbe arrivato dall’europarlamentare iberico. O forse no.
La proposta si può leggere come di fatto una stroncatura dell’intero progetto, dato che lascerebbe aperto per ora solo un aspetto dell’euro digitale, quello delle transazioni offline, che comunque sarebbe marginale e riguarderebbe unicamente operazioni limitate per ammontare e forse anche in numero.
“Gli emendamenti – spiega lo stesso relatore nel documento datato 3 novembre – propongono di stabilire un euro digitale offline mentre si condiziona la versione online all’assenza di una soluzione sovrana europea per i pagamenti al dettaglio”. Assenza che dovrebbe essere sancita dalla Commissione europea effettuando “un test, una volta che la Bce avrà concluso il suo lavoro preparatorio per l’euro digitale offline”.
Secondo Navarrete la proposta “crea un equilibrio tra stabilità finanziaria e competitività. L’euro digitale offline rappresenterebbe una risposta europea proporzionata, priva di rischi di stabilità finanziaria, assicurando al tempo stesso sovranità europea sui pagamenti”, senza precludere che il settore privato, facendo leva sull’interoperabilità, riesca a risolvere i problemi di dipendenza degli ecosistemi di pagamento europei da schemi extra Ue.
Lo stesso relatore sintetizza così la sua proposta: l’euro digitale solo offline “interviene sulla sfida della digitalizzazione dell’economia” ma solo come “una rete di sicurezza contro la frammentazione di mercato e non come un ecosistema di pagamento parallelo che mina le soluzioni private o che scoraggi l’innovazione”.
L’accusa implicita – e ovvia – è che nella proposta formulata dalla Commissione Ue, e appoggiata dalla Bce, l’euro digitale farebbe esattamente questo: soffocare iniziative private sui pagamenti e scoraggiare l’innovazione.
Appena quattro giorni prima, alla già citata riunione di Firenze, l’istituzione celebrava tra sorrisi e soddisfazione il lancio della nuova fase, con Lagarde affiancata dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che nel 2020 era stato tra gli artefici, quando faceva parte del Comitato esecutivo della Bce, della nascita del progetto.
Tuttavia, l’ultima risposta fornita da Lagarde alle domande della conferenza stampa potrebbe suggerire che – sottotraccia – era già nota la polemica che si stava profilando.
Interpellata sulla necessità di cercare un coordinamento sulle regole riguardo alle stablecoin con gli Usa, Lagarde ha speso molte più parole a replicare piccata su un altro aspetto: “A coloro che sostengono che stiamo cercando di soffocare l’innovazione, mi dispiace molto ma proprio no: indirizzo sbagliato. L’innovazione fa assolutamente parte di noi e del nostro Dna di banchieri centrali europei”.
Non sembra però pensarla così un consistente gruppo di banche, tra cui giganti europei che hanno lanciato un progetto per un sistema di pagamenti digitali Ue chiamato “Wero”.
Secondo quanto ha riportato il Financial Times sempre la scorsa settimana, hanno lanciato un monito contro l’euro digitale. Sostengono che andrebbe a svolgere le funzioni di soluzioni dels settore privato senza vantaggi tangibili per gli utenti. Tra le banche promotrici di Wero compaiono gruppi di primissimo piano come Abn Amro, Bnp Paribas, Crédit Agricole, Deutsche Bank, Ing e Société Générale.
In altri Paesi, ad esempio l’Italia, la linea delle banche finora era apparsa più aperta. Il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli ha tuttavia rimarcato in un seminario a Firenze come il dibattito sia “molto importante”. “La discussione al Parlamento europeo è aperta e non con schieramenti preconfezionati, passa diagonalmente nei gruppi. La Bce ha fatto e sta facendo tutto quello che un proponente deve fare. Ma è chiaro – ha sottolineato – che sono gli organi del pluralismo che hanno l’ultima parola”.
E’ assolutamente giusto, secondo l’Abi, che sulle innovazioni nei pagamenti l’Europa non voglia dipendere da circuiti extra europei. Ma sul come questo avverrà, se “tra iniziative private o iniziative pubbliche” resta da vedere. E magari “potranno essere in concorrenza”, ha concluso Patuelli.
La mossa di Navarrete appare comunque attentamente studiata. Non un attacco sconclusionato basato su elementi bollabili come “complottistici”, ma una tesi argomentata in maniera razionale. Senza chiudere in maniera preconcetta al progetto, ne ridimensiona drasticamente la portata. Fa leva su un aspetto, la funzionalità offline, che secondo alcuni esperti del settore bancario vede le tecnicalità pratiche ancora non ben definite. E forse cerca anche di creare un cuneo tra Bce e Commissione europea.
L’autore, Navarrete, fino a poco tempo fa sconosciuto ai più, è un economista che viene dall’ambiente delle banche centrali in cui è cresciuto. Fino a ricoprire il ruolo di capo di gabinetto del governatore della Banca di Spagna dal 2018 al 2024.
Ora i fari, inevitabilmente, saranno puntati sull’audizione proprio al Parlamento europeo, lunedì 17 novembre, di Piero Cipollone, l’esponente del Comitato esecutivo che ha la delega sui sistemi di pagamento e sul progetto dell’euro digitale.
Dalla parte dell’euro digitale c’è certamente la presidente della Commissione affari economici e monetari del parlamento Ue, la francese Aurore Lalucq, del gruppo di socialisti e democratici, anche lei economista di formazione.
Il fatto tuttavia che quest’ultima, in articoli e interventi pubblici, insinui che chiunque mostri contrarietà su un progetto così complesso e voglia valutare anche soluzioni alternative stia “favorendo un settore portato avanti dalla destra estrema”, rischia non solo di non favorire una discussione aperta, ma anche di polarizzare il tema complicandone ulteriormente il percorso.
Ad ogni modo, dopo ben cinque anni dal lancio del progetto, di fatto a livello del Parlamento europeo e del settore bancario sembra che solo adesso si stia aprendo la vera partita. (di Roberto Vozzi). (fonte immagine: European Union 2025 – European Parliament).

