Roma, 24 mar. (askanews) – L’indice Pmi sulla produzione nel settore manifatturiero dell’area euro torna positivo e a 50,7 punti a marzo, rispetto a 48,9 punti di febbraio, risulta ai massimi da quasi tre anni a questa parte: 34 mesi, secondo Standard & Poor’s Global. A trainare il comparto, il balzo messo a segno dall’industria in Germania.
Sempre a marzo l’indice Pmi (Purchasing managers index) generale sul manifatturiero è risalito a 48,7 punti, da 47,6 febbraio, massimo da 26 mesi. L’indice Pmi sul terziario si è limato a 50,4 punti, da 50,6 febbraio. L’indice Pmi composito sull’insieme delle imprese nella zona euro è risalito a 50,4 punti a marzo, da 50,2 punti di febbraio.
“Proprio con l’inizio della primavera potremmo vedere spuntare i primi germogli di una rinascita del manifatturiero” commenta Cyrus de la Rubia, capo economista della Hamburg Commercial Bank. “Le aziende manifatturiere abbiano registrato un’espansione della produzione per la prima volta da marzo 2023”.
“Gli entusiasmi potrebbero essere frenati dal pensiero che il miglioramento registrato dal manifatturiero è solo un fattore temporaneo dovuto all’ondata di importazioni dagli Stati Uniti causata dal timore dei dazi doganali”, avverte. In pratica, il balzo di marzo potrebbe essere seguito da una speculare contrazione quando i suddetti provvedimenti sugli scambi commerciali entreranno in vigore.
“Eppure, considerando l’intenzione dell’Europa di fare enormi investimenti sulla difesa e le infrastrutture (la Germania ha approvato solo la scorsa settimana uno storico pacchetto fiscale equivalente), la speranza di una ripresa più duratura sembra ben fondata”. Nel frattempo lo sviluppo dei prezzi nel terziario, che è sotto stretta osservazione della Bce, “sarà una buona notizia per le ‘colombe’ delle politiche monetarie. Sia quelli di vendita che di acquisto hanno rallentato la tendenza al rialzo dei mesi precedenti”, prosegue l’economista.
Va infine tenuto conto che rispetto agli inizi del 2023, la produzione industriale della Germania è crollata di circa l’8% e che quindi “ha potenzialmente molto da recuperare”.