Roma, 16 ott. (askanews) – una testimonianza autentica e un documento necessario per dar voce a chi non ce l’ha pi “Put your soul on your hand and walk”, documentario della regista iraniana Sepideh Farsi, presentato alla Festa del Cinema di Roma (sezioni Special Screenings e Concorso per il Miglior Doc) e nelle sale a novembre (con Wanted Cinema).
Nel film ci sono le videochiamate tra la regista, che ha spesso denunciato i conflitti in Iran, e la fotoreporter palestinese 24enne Fatma Hassouna per circa un anno, dall’aprile 2024, da Gaza, in mezzo ai bombardamenti israeliani. Le sue foto, video, i suoi racconti, intimi e in primo piano, sono una testimonianza che sconvolge per la sua cruda realt. Fatma stata uccisa da un attacco israeliano ad aprile scorso, poco prima di portare il film a Cannes; il suo sogno era viaggiare e uscire da Gaza.
“Abbiamo iniziato questo film in due – spiega la regista – l’intero film parla dei nostri scambi e dei suoi sentimenti, ovviamente. Lei la protagonista, ma siamo stati in due a realizzarlo. E ora sono l’unica rimasta… l’unica cosa che posso fare ora, il minimo, andare in giro per il mondo e fare pi rumore possibile con questo film e con il suo lavoro e far s che le persone la conoscano. questo ci di cui abbiamo bisogno. per questo che l’ho realizzato e per questo lei ha dato la vita”.
Nel documentario Fatma fa sembrare la guerra una normalit a cui si assuefatta. “In quell’anno ho imparato a decifrare il suo sorriso – spiega Farsi – a interpretarlo: a volte era pi gioioso e a volte era di ‘resistenza’, a volte era pi assente, altre volte la fame o la debolezza influenzavano il suo sorriso. Ma ho imparato a leggerla, attraverso il suo sorriso e il suo viso. Ci che mi rimasto davvero impresso stata la sua generosit. Non si mai lamentata, e sono rimasta scioccata quando ha parlato della perdita delle persone care che ha subto”.
“Una volta ha cercato di spiegarmi questo concetto della morte – continua – ha detto: ci siamo abituati, ma non ci abitueremo mai. E io le ho detto: come puoi dire che normale? Uccidere non normale. L’intero film ruota attorno a questi dettagli, a queste sfumature, che esprimono l’intero paradosso tra la vita e la morte”.
Nell’ultimo video che conclude il film, tra le macerie di Gaza, c’ la sua voce fuoricampo che dice: “Sto cercando la vita in mezzo a questa morte e questa distruzione”. “Penso che questo sia ci che dovremmo cercare ora in Palestina – conclude la regista – adesso l dovremmo privilegiare la vita sopra ogni cosa e proteggerla”.