Roma, 19 giu. (askanews) – La trattativa – e lo sostengono fonti dei tre diversi partiti di maggioranza – ci sarebbe stata sul serio. Ma i tentativi di trovare la quadra per sbloccare la possibilità di un terzo mandato per i governatori, addirittura da varare in tempo per far candidare Luca Zaia in Veneto in autunno, si sarebbe arenata un paio di giorni fa. Di certo, il susseguirsi delle dichiarazioni pubbliche di giornata sembra far calare il sipario sulle chance di sbloccare un’intesa su quello che rischia di essere un delicatissimo giro di boa per l’intero esecutivo: ovvero la scelta dei candidati per le prossime Regionali, con la Lega che non vuole perdere terreno nelle sue storiche roccaforti e Fratelli d’Italia che, da primo partito, ambisce a governare una delle grandi Regioni del Nord. Il tutto ben prima della scadenza di martedì, data in cui i salviniani avrebbero potuto presentare un emendamento al ddl sul numero dei consiglieri, ossia lo strumento parlamentare individuato per far ‘viaggiare’, appunto, l’eventuale accordo.
A far precipitare gli eventi è in realtà un’affermazione del capogruppo dei meloniani alla Camera che, di fatto, sbarra la strada a una ipotesi di riforma della cittadinanza. Ovvero, la proposta di legge che – secondo i rumors – Forza Italia avrebbe messo sul piatto della bilancia per ammorbidire il suo no al terzo mandato. “Non la condividiamo, non fa parte del programma, non riteniamo si possa andare avanti”, dice Galeazzo Bignami. Passa meno di un’ora ed è il presidente dei deputati azzurri, Paolo Barelli, a decretare la “fine della discussione” sull’extra time per i governatori, ricordando che non fa parte del programma di governo, a differenza dell’impegno a “favorire l’inclusione dei migranti regolari”. Un tema caro al partito di Antonio Tajani perché strizza l’occhio all’elettorato cattolico e risponde in parte a certe sollecitazioni arrivate dal mondo della Chiesa.
Non meno rapidamente arriva a sua volta la presa di posizione della Lega, affidata al responsabile degli Enti locali, Stefano Locatelli, in cui si prende atto “con rammarico” del niet di Forza Italia, si definiscono “irricevibili scambi con cittadinanza facile o ius scholae”, ma soprattutto si invitano gli alleati a individuare “al più presto i candidati migliori”.
Ed è esattamente questo il punto. Al voto in autunno, oltre alle Marche in cui Fdi punta al bis dell’uscente Francesco Acquaroli, vanno anche Campania e Puglia (dove un via libera al terzo mandato avrebbe riaperto la partita anche per Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, due personalità piuttosto ingombranti per il Pd), ma anche Toscana (che sarebbe stata rivendicata da Fi insieme a Verona per Flavio Tosi e a Milano) e soprattutto Veneto.
Una ricandidatura del ‘Doge’ avrebbe garantito alla Lega di mantenere un proprio esponente in quella Regione senza nemmeno aprire la ‘sfida’ con i meloniani, magari dirottando gli interessi del primo partito della coalizione sulla Lombardia dove il voto è previsto però nel 2028. “A questo punto – ammette però un alto esponente di Fdi – si rimette tutto in gioco. Noi abbiamo fatto tutto il possibile per Zaia, nessuno può dire il contrario”. I nomi dei papabili circolano da tempo e sono quelli di Luca De Carlo, Elena Donazzan e Raffaele Speranzon, anche se non si esclude nemmeno un profilo più ‘civico’. Matteo Salvini però non intende mollare, e vorrebbe vedere in quel ruolo il suo fedelissimo Alberto Stefani.
Il rischio di tensione nella maggioranza resta a questo punto altissimo, ma più esponenti di spicco del partito meloniano ci tengono a spiegare che sebbene la strada sia ora “molto stretta”, l’ipotesi – magari anche per allontanare le voci sul fatto che l’apertura fosse tutta un bluff – “non è ancora definitivamente tramontata”. Almeno, si sottolinea, non lo sarà fino a quando non ne avranno parlato i leader di maggioranza, cosa che potrebbe avvenire domani a margine del Consiglio dei ministri, o al più tardi lunedì. “Finché non ne discutono loro non è detta l’ultima parola”, si sottolinea.