Firenze: un’economia che usa il cervello ma non lascia a casa il cuore

Note sul Festival nazionale di Economia civile 29-31 marzo 2019 Firenze

Che cosa è l’economia civile? La definizione viene sintetizzata in poche righe dal prof Leonardo Becchetti: “è un’economia che usa il cervello ma non lascia a casa il cuore, è un modo diverso di vedere le persone, le imprese e il valore e la politica economica. Nell’economia civile le persone sono quelle che sanno fare 1+1=3; sono le persone che sanno cooperare, sanno avere fiducia, e producono più valore di quello che si potrebbe fare isolatamente, non sono le persone del conflitto ma della cooperazione. Le imprese sono delle imprese più ambiziose di quelle del passato, che non guardano solo al profitto, ma anche all’impatto sociale delle loro scelte; il valore è il valore della felicità e della generativita’ che va oltre il PIL.”

C’è una frase di Antonio Genovesi che dice “le persone fanno il loro interesse, ma per fare questo interesse, se non sei pazzo, devi essere virtuoso, perché il tuo interesse passa attraverso la felicità degli altri”. La componente principale è la generatività dell’uomo come cercatore di senso e le persone sono felici se sono generative, se la loro vita è in funzione dell’altro, sia nell’ambiente familiare che sociale. Noi diciamo che il nostro orizzonte è una società dove tutti siano generativi; rendere generativi gli scartati, gli anziani, che forse è il più grande business odierno, a cavaliere con la cura delle relazioni, con la sanità.

Una generatività che comprenda diritti e doveri, perché Lo Stato impieghi i soldi per premiare lo sforzo di generatività delle persone, nel lavoro, nella cura delle relazioni, nel sostegno alla famiglia, non sulla passività (a chi non paga le tasse col condono, o a chi ha redditi senza lavoro). Ci sono una serie di associazioni di volontariato e del III settore (corpi intermedi), centinaia di associazioni in Italia, che coniugano l’economia civile, la generatività, e associazioni cattoliche che sono impegnate in studi di attività politica.
I nostri punti di forza sono “la visione” di poter mettere in campo proposte concrete, derivate dalle nostre radici, un’attualizzazione della Dottrina Sociale della Chiesa con idee e proposizioni di valore e, soprattutto, di servizio. Siamo invece deboli nella capacità di dire alla società che noi ci siamo e che le nostre proposte sono possibili e rendono ragione del bene comune. Se noi ci mettiamo dal lato della domanda, non dell’offerta e cominciamo ad aggregare e solidificare le istanze sociali, possiamo renderci visibili. Cosi facendo saremo nelle condizioni di iniziare a sfidare la politica, essendo già presenti in una buona percentuale del paese e chiedendo che le nostre proposte siano ascoltate e rese fattibili.

Il passo che siamo chiamati a fare oggi è quello di fare squadra sulla comunicazione, perché il consenso, l’informazione transitano sui social. Il primo passo da compiere oggi è questo e dobbiamo anche mantenere questo spirito di collaborazione in relazione a tutto quello che oggi si sta muovendo intorno, per compiere la missione di legare tutte queste nostre impressioni e proposizioni e di portarle su questa nostra visione della generatività, dell’impresa responsabile, del benessere che guarda a molte dimensioni e, in particolare, di sviluppare il tema della politica a quattro mani, come il tema della sussidiarietà. Quando c’è un problema, esso non può essere risolto solo dal mercato e/o dallo Stato; se non c’è una società civile forte, una cittadinanza attiva, se non ci sono imprese responsabili, diventa difficile ottenere risultati.

L’idea di un sistema che abbia a suo fondamento l’idea del leader è destinata a fallire, perché i leader durano un anno, due anni, poi vengono travolti, perché nessuna persona da sola è in grado di gestire la complessità delle problematiche odierne. Occorre avere a disposizione una forza comune, una squadra. Papa Francesco quando afferma che il tempo è superiore allo spazio esalta questa generatività in politica. Vale a dire noi dobbiamo avere l’idea di questo percorso, del cammino nella storia, per cui non è tanto importante occupare uno spazio, ma è importante riuscire a mettere in moto dei percorsi che cambiano le cose nel tempo e questa generatività si riassume in questi quattro bellissimi verbi: desiderare, far nascere, accompagnare, lasciare andare.

Dobbiamo essere generativi, guardiamo a questo percorso, avendo come obbiettivo di costruire nel presente le premesse di ciò che potrebbe avvenire dopo, senza pretendere di essere protagonisti noi stessi, ma accogliendo anche altre proposte e idee, che corrispondano a comuni valori. Scrive Leonardo Becchetti in Taccuino di economia civile:

“Uno dei migliori riferimenti a ciò che può essere sostanza in politica, è un passo tra i più belli dell’esortazione di Papa Francesco, Evangelii Gaudium, dove si afferma che <Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività sociale e politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. (…). Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con serie convinzioni>.

Se ci confrontiamo con l’uomo di un secolo fa, alla vigilia della prima guerra mondiale, ci rendiamo conto del progresso spettacolare scientifico, economico e sanitario dell’ultimo secolo. Allo stesso tempo come in ogni epoca, siamo chiamati a lottare per abbattere i nuovi muri di Berlino che si frappongono sul cammino verso il bene comune.
I nomi delle start up civili che si sono presentate a Firenze sono i più vari: fairbnb, che è una piattaforma per viaggiatori, host e comunità per creare lavoro sul territorio e promuovere i fair host, cioè i padroni di casa che hanno un solo appartamento da affittare; we_hop che tratta i rifiuti organici delle birrerie artigianali da cui trae fertilizzanti biologici, bioplastiche; oppure iniziative che partendo dal recupero di prodotti di abbigliamento, ricondotti alle originarie condizioni ( i filati), sviluppano tecnologie di formazione di nuove confezioni che hanno sostenibilità ambientale, in quanto privati di coloranti non biologici o sostanze tossiche precedentemente usate. L’elenco potrebbe continuare e coinvolge quella economia circolare che partendo da prodotti presenti sul mercato, non li destina al macero( ciò comporta sempre spreco energetico e inquinamento ambientale), ma li riconverte e li riconsegna al mercato nella loro sostenibilità e utilizzo ottimali.

La sintesi di questo incontro fiorentino a Palazzo Vecchio, sede storica delle autonomie comunali medioevali e rinascimentali è in sostanza questa.
Ma, riallacciandosi alla attuale fase storica, nella nostra società italiana sono presenti le seguenti negatività:

-l’impossibilità di disporre di risorse economiche per i beni comuni, le imprese, le famiglie, il lavoro, a vantaggio delle borse e dei titoli tossici delle banche,
-la rinuncia alla cultura, alle funzioni proprie delle università, con una progressiva diminuzione del numero dei laureati e l’impoverimento dei giovani in cerca di lavoro, costretti a emigrare all’estero (i ricercatori laureati che producono invenzioni, non possono trasformarle in innovazioni in Italia e perciò emigrano all’estero, ma costano ogni anno oltre sette miliardi per portarli alla laurea), -la mancanza di sussidiarietà circolare, come suggerito da Stefano Zamagni, con l’azione combinata delle “tre gambe della società civile”, cioè gli imprenditori, i corpi intermedi delle varie associazioni di volontariato e i rappresentanti dello Stato.

Quest’ultimi, i rappresentanti dello Stato, si ritengono “padroni” di una direzione nel campo economico, quando dovrebbero essere dei semplici interlocutori al pari degli altri due e se mai affidarsi alla maggior esperienza di altri esperti operatori.

Tale sussidiarietà circolare garantirebbe una azione incisiva sulla manutenzione e sulla cura del patrimonio ambientale naturale (dei boschi, delle campagne e degli argini di fiumi e torrenti), sul restauro e la cura del patrimonio monumentale e storico dei tanti territori comunali italiani, sul campo del sociale e delle relazioni fra le tante persone disabili e famiglie in serie ristrettezze, e influirebbe positivamente nella creazione di posti di lavoro, trasferendo direttamente ai portatori di bisogno, cioè i cittadini e i presidi amministrativi e sanitari locali, quelle risorse che invece ora parcheggiano in mano agli agenti di distribuzione (come le regioni), col risultato opposto di aumentare i costi al momento della redistribuzione e di snaturare la responsabilità diretta ( mancanza e/o eliminazione del rischio) da parte dei corpi intermedi e dei soggetti o portatori dei bisogni.

La contraddizione più grande nella storia umana è nella presenza, ieri come oggi, di una comunità civile da una parte e di una oligarchia dall’altra, la quale ha sempre cercato di appropriarsi e dell’ambiente, per sottometterlo alle sue esigenze, e degli abitanti e usufruttuari naturali.

Come amava dire Giorgio La Pira, le comunità dei cittadini (i popoli), non sono termini aulici o che si adattano a un’interpretazione parziale e violenta, quale fu realizzata nelle dittature comunista e nazionalsocialista del secolo scorso. Le comunità dei cittadini (i popoli) vogliono significare comunioni solidali di persone, di cose e di ambiente, riconoscimenti fraterni delle qualità e talenti di ciascuno, in funzione dei beni comuni. Il dominio oligarchico che nella storia in vario modo, sotto molte forme e in ogni epoca, ha cercato di soffocare le libertà e le capacità delle persone per sottometterle e poi renderle schiave e sfruttarle fino a farle morire in guerre e in conflitti, trova oggi la piena espressione nelle diseguaglianze e nelle manovre finanziarie ed economiche più articolate e complesse.

Compito della politica in Italia è ripartire da questa consapevolezza per rimodellare le aspirazioni di giustizia e di pace che sono scritte nello spirito dell’uomo, fin dalle sue origini e, per noi cristiani, realizzare quel popolo di Dio, presente nelle nostre anime fino dalla Creazione.

 

Note bibliografiche:
-Evangelii Gaudium, 2013 Papa Francesco
-Taccuino di economia civile di Leonardo Becchetti, Ecra 2016
-Economia ed etica, Stefano Zamagni, Ed La Scuola, 2009
-La libertà interiore nella politica attiva, di R. Paolucci, in corso di pubblicazione 2019