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sabato, 5 Luglio, 2025
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Forma e sostanza: il Papa tra cerimonia e immediatezza

Non basta guardare al rito per capire la Chiesa di Leone XIV. La sua pastorale si gioca sulla fedeltà al Concilio e sulla semplicità del gesto umano. In ogno caso, non è un Papa  cerchiobottista

La tentazione di contrapporre

Ci sono parole condannate a essere pronunciate quasi sempre con il proprio opposto. Se dici “forma”, c’è chi subito ti contrappone “sostanza”, perché l’una sarebbe zoppa senza l’altra. La forma è l’aspetto esteriore di un oggetto, ma occorre anche saper rispettare certe forme in presenza di determinate circostanze. La forma prevede in alcuni casi formule stabilite, come accade ad esempio nei sacramenti religiosi.

La forma è ciò che colpisce al primo impatto. La sostanza, al contrario, richiede più tempo per svelarsi: sta sotto all’aspetto visivo o sonoro e impone uno sforzo maggiore per rivelarsi. A volte persino smentisce l’impressione istintiva dell’inizio.

Gli occhi sulla liturgia

In molti si chiedono, con una punta di eccessiva curiosità, se il nuovo Papa muova in controtendenza circa lo smantellamento di alcune forme liturgiche, o se insisterà sulla via di Francesco.

Tutti con gli occhi incollati allo schermo per capire la scelta di Leone XIV, come se soprattutto la forma indicasse un progetto di guida della Chiesa. Il Papa è consapevole di questo, eppure non sembra affatto preoccuparsene, curando piuttosto di fare il Papa e di spostare l’attenzione su altro.

C’è da mettere in opera il Concilio Vaticano II, e non sarà un pallio in più o in meno a cambiare l’idea dei credenti, che dovrebbero piuttosto concentrare la propria meticolosa attenzione su Dio e non su altro.

Forse si dovrebbe badare a non compiacersi eccessivamente, perdendosi nell’apprezzamento delle cerimonie o, al contrario, a non digerirle. Il compito dovrebbe essere mirare dritto verso la parola di Dio, di cui troppo poco si conosce il suono e il contenuto. Conta certamente la liturgia – cioè il servizio che si rende al Dio in cui si crede – ma ancor più conta conoscerlo. Altrimenti si resta nell’inutile astrattezza.

Un biscotto e unomelia

Si legge che il Papa ha indossato il pallio il 29 giugno, durante la Santa Messa per i Santi Pietro e Paolo, imponendolo a 54 nuovi arcivescovi metropoliti. Tutto è accaduto con una cerimonia solenne, o perlomeno non scarna quanto alla forma.

Solenne è un rito che si ripete nel tempo con ordine e regolarità. Comporta necessariamente un fasto che può suscitare perplessità in chi ama una Chiesa povera e per i poveri.

Leone XIV è lo stesso che, a bordo della Papamobile, ha mangiato subito un biscotto porgergli da una bambina presa in braccio dagli uomini della gendarmeria. Non ci ha pensato: ne ha gustato all’istante il sapore.

Un gesto semplice, che dice della sua immediata umanità. E che non intende “fare un biscotto” a chi lo guarda con la speranza che la Chiesa continui la sua missione di salvezza. Questo Papa, se occorre, cuoce due volte forma e sostanza, forse per rappresentare che tutto serve alla sua azione. Sarà per questo che, nella sua magistrale omelia del giorno dei Santi Pietro e Paolo, ha detto:

“Nell’esperienza del discepolato, infatti, c’è sempre il rischio di cadere nell’abitudine, nel ritualismo, in schemi pastorali che si ripetono senza rinnovarsi e senza cogliere le sfide del presente. Nella storia dei due Apostoli, invece, ci ispira la loro volontà di aprirsi ai cambiamenti, di lasciarsi interrogare dagli avvenimenti, dagli incontri e dalle situazioni concrete delle comunità, di cercare strade nuove per l’evangelizzazione a partire dai problemi e dalle domande posti dai fratelli e dalle sorelle nella fede.”

Questo Papa non è cerchiobottista. È un conciliatore, non mette multe a nessuno. Indica semplicemente che forma e sostanza possono camminare sotto braccio. E sprona i cristiani a riscoprire la freschezza e il piacere della propria fede, oltre che…dei biscotti.