Ho difficoltà a chiamarlo col cognome. Da quando lo conobbi nella campagna elettorale dove era imperativo fargli prendere un voto in più di Vittorio Sbardella, e nonostante il suo scontro, più di carattere che di ideali , con Ciriaco De MIta, non ho mai smesso di chiamarlo Franco.

Ne parliamo a Franco; ceniamo con Franco e ne parliamo; Franco non ti seguo in questa scelta; Franco hai fatto davvero un bel lavoro etc…..

Franco Marini si dirà, e si dirà il vero, ha rappresentato molto nel mondo sindacale e nel mondo politico , ha commesso errori ( chi fa politica  mettendoci la faccia ne commette) ed era molto tollerante sulle tematiche ma anche fermo quando fissava un “paletto” definitivo. Vale per tutte le cose belle che ha fatto e promosso la salvezza di quellla tradizione popolare che -nata contro il fascismo e martire nell’ esilio di Sturzo e e la morte solitaria di Donati,Ferrari e  le traversìe di De Gasperi- non poteva essere trascesa da una impossibile alleanza a destra.

Gerardo Bianco divenne il segretario PPI di quella resistenza ma l’ anima vera, il telefonista implacabile ai consiglieri nazionali Ppi, il tessitore, fu Franco Marini. Merito storico.
Ma non voglio oggi parlare ancora di politica perchè la sua assenza sarà umana, molto umana. L’ assenza di Franco……che se gli avevi fatto un congresso a favore o contro,  comunque veniva a cena con te per parlare di politica e vita fumando a fine pasto un sigaro “ammorbidito” con la grappa. Che nelle Feste dell’ Amicizia in Abruzzo chiudeva i convegni a mezzanotte passata portando i relatori frastornati  a casa sua nel paesino.

Che amava fare gli scherzi ai deputati e senatori  ( t’hanno fatto sorrosegretario…no, c’è un intoppo…..)e poi gli diceva di passare in ufficio per rivelargli l’ arcano mentre dovevamo nasconderci tra paralumi e piante per non ridere. Oppure che ti ascoltava in Senato e poi prima ti prendeva in giro e poi ti richiamava da lontano e ti faceva i complimenti.
Franco sapeva vivere ogni riunione immemorabilmente notturna per le liste ( quante nell’ Ulivo e nel Pd ?)  come una festa.
E ti spiazzava  il volto serioso chiedendoti della famiglia e dei figli, mentre si svolgeva un convegno.

Perchè era popolare in quanto vero “figlio del popolo” oltre che per convinzione politica.
Ricordo la sua soddisfazione ed anche la reverenza con cui parlava ad Ettore Scola e Gillo Pontecorvo ed altri “Mostri sacri “del cinema quando grazie all’ Anac di Citto Maselli li convinsi  e li trascinai ad un convegno culturale sulla cinematografia  nella sala della Direzione Dc ( divenuta direzione PPI). Era curioso, non intimorito. E si divertiva a vederseli lì in un luogo “storico” che in realtà incuriosiva molto anche loro.
Ho questi tanti ricordi umani ora, che si affastellano. Come quando
nell’assemblea di gruppo Pd, sul voto alle missioni internazionali delle Forze armate io parlai da obiettore di coscienza contro e per una diversa legislazione in materia,  e lui pretese di parlare a favore riprendendo le proposte e però obbligandoci alla disciplina di gruppo aggiungendomi poi   “che solo due democristiani potevano guidare due mozioni contrapposte ma egualmente serie nelle loro intenzioni”. Non era “addolcire la pillola”, era rispetto di chi conosceva davvero la “trattativa”,intesa come momento di rispetto  ed approfondimento delle opinioni altrui.

Perchè lui le sue opinioni le aveva . Eccome. E però gli piaceva conoscerne altre, approfondirle, soprattutto perchè aveva opinioni ma non voleva avere una troppo alta opinione di sè. Non si reputava il “genio della lampada” oppure il grande politico “incompreso”, come accade sovente a molti leader di partito.
La Politica con la P maiuscola ma anche l’ Umanità della politica, senza cui tutto diventa automatico, meccanico e la tattica-che pure amava molto e sapeva praticare bene-diventa semplice movimento di pedine inconsulto.

Nonostante l’età e le generazioni di differenza, credo che chiunque di noi lo abbia frequentato oggi perda un amico, prima ancora che un leader politico e sindacale