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martedì, 9 Settembre, 2025
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Gaza, una flottilla di parole fuori proporzione

Un commento sull’uso distorto della retorica e sulla difficoltà di misurare la violenza in un conflitto che non conosce simmetria né proporzione.

Tempo fa sembrò opportuno commentare che sarebbe stato d’auspicio, dopo i fatti del 7 ottobre, una reazione non proporzionata d’Israele a fronte dei suoi 1400 morti e un centinaio di rapiti trattati da bestie e usati come merce di scambio. Il pan per focaccia fa sì che ci si muova con le stesse modalità di sentimento, senza conoscere rispetto e misura verso il nemico da abbattere. In campo vale solo l’odio che sconfina oltre ogni eventuale staccionata, il desiderio di debellare il nemico dalla faccia della terra. Direbbe Totò che “se tu mi fai un torto io ti faccio un ritorto” e così via fino a quando resta un solo colpo in canna.

Una flottilla, non unarmata

Ora, si strilla eludendo per convenienza e praticità il tema centrale della faccenda, simile a quello di voler definire in materia sessuale cosa sia la normalità o la diversità. La cronaca racconta di alcuni intraprendenti che hanno deciso di puntare le prue verso Israele per protestare su quanto accade a Gaza. Non si è composta nessuna invincibile armata, che peraltro ebbe una cattiva sorte per mano degli Inglesi. Si è invece messa in piedi una flottilla di volenterosi per manifestare contro la barbarie della guerra. Gesto umanitario o politico: è la stentorea discussione che si è armata e che serve a dare un minimo di agio sempre alle stesse notizie di cronaca.

Flottiglia non è proprio un modo felice di definire l’impresa; fa rima con paccottiglia, qualcosa di abborracciato, messa lì con tanto fumo da mandare negli occhi per accecare le truppe di Israele ma niente di più. Per darsi un maggior tono l’hanno chiamata “Global Simud Flottilla”, dove “simud” sta per un misto di resistenza e perseveranza: termini troppo impegnativi per essere associati a una semplice flottiglia, che in marina esigerebbe un unico comando, qui sfuggente tra sigle e nomi dei soggetti che la sostengono.

Il problema della proporzione

Torniamo alla concretezza dei fatti. Cosa sia una risposta “proporzionata” è la domanda sulla quale ci si potrebbe lambiccare, materia per filosofi più che per il popolo, una porzione di ragionamento che non può essere davanti ai semplici di turno.

In matematica una proprietà delle proporzioni è che il prodotto dei medi è sempre uguale al prodotto degli estremi. Così l’estrema violenza di Hamas ha valicato l’ordine di mezzo imposto da Israele che di rimando si è spinta al limite della reazione per bilanciare la legittimazione che i banditi di Hamas intendono da anni assegnarsi, rivendicando il comando su quella terra.

La sproporzione delle parole

Ancor oggi si invoca da più parti un’azione simmetrica e non oltre, un gesto corrispondente al male subito, dove la giusta corrispondenza non significa accontentarsi di mandare lettere d’amore o di odio al detestato nemico da annientare, evitando di ispirarsi a Manzoni quando scriveva di “un disperato, che tiene corrispondenza co’ disperati più furiosi”.

Può darsi che Israele stia reagendo piuttosto in perfetta proporzione a quanto subito, mentre si sperava che replicasse in modo sproporzionato, cioè più tenue rispetto allo sfregio patito. Può darsi che non sia affatto così.

In questioni di guerra l’uso di alcune parole andrebbe inibito: è comunque spropositato se non inutile. Non esistono bilance che possano registrarne il peso esatto. Altro non v’è.