Una rivalità che torna ciclicamente
Non è la prima volta, nella storia moderna, che Cina e Giappone inaspriscono il loro rapporto di vicinato. Oltre alle attuali motivazioni geopolitiche, e oltre alle considerevoli differenze culturali e istituzionali fra i due paesi, anche il più recente passato induce a osservare la situazione odierna con molta attenzione e qualche preoccupazione.
Corea, Formosa e un impero in ascesa
Sul finire del XIX° secolo, era il 1894, la causa di un conflitto che degenerò in una breve guerra fu la Corea, area geografica, al tempo sotto protettorato cinese, contesa fra le due potenze dell’epoca: una emergente, quella giapponese; l’altra, quella cinese, erede di un’antica civiltà era governata in quegli anni dall’ultima dinastia imperiale che, in seguito anche alla sconfitta subìta, sarebbe crollata pochi anni dopo, nel 1911, ad opera di Sun Yat-sen e della sua nuova repubblica.
L’accordo di pace segnò un fatto decisivo il cui riverbero osserviamo ancora oggi: l’isola di Formosa (la “bella isola” dei passati colonizzatori portoghesi) venne ceduta al Sol Levante e ne divenne una colonia. Convinti di poter imporre la propria egemonia nell’Asia orientale i giapponesi avviarono così una politica espansionista che li condusse – dopo una guerra vinta contro la Russia, che a sua volta aveva mostrato interesse verso la penisola coreana, e dopo la partecipazione vittoriosa nella Prima Guerra Mondiale a fianco delle potenze dell’Intesa – ad annettere la Manciuria cinese nel 1931 e successivamente a una nuova guerra contro la Cina, nel 1937. Una volontà espansionista che spinse il Giappone a commettere il fatale errore di Pearl Harbor, solo quattro anni più tardi. Pertanto, quando Cina e Giappone accendono il confronto è bene restare svegli.
Takaichi e lo spettro di Taiwan
La neo premier Sanae Takaichi può darsi abbia peccato di inesperienza, nell’affermare in chiaro, con linguaggio poco diplomatico, che un eventuale attacco cinese a Taiwan costituirebbe una minaccia per il Giappone. Ma ha espresso una preoccupazione reale dettata da una considerazione effettuale: Taiwan dista 150 Km dall’isola più meridionale dell’arcipelago nipponico. Riemergono così antichi spettri, superando 80 anni vissuti all’insegna della non militarizzazione e di una tutela interamente appaltata all’alleato statunitense. Le “Forze di Autodifesa” potrebbero in quel caso – ha detto Takaichi – venire attivate a sostegno di Taiwan.
Non un’improvvisazione
Ma forse c’è qualcosa di più, e l’inesperienza c’entra poco o niente. Anche perché stiamo parlando non certo di una politica improvvisata o troppo giovane per il ruolo occupato. Tutt’altro.
La sua biografia, oltre ad un interessante trascorso in qualità di batterista in una band heavy metal (e una passione, condivisa con chi estende questa nota, per gli Iron Maiden), illustra la carriera di una esponente di rilievo della corrente più nazionalista del partito liberaldemocratico al potere da sempre. Sessantaquattro anni, ministra più volte, è stata una pupilla dell’ex premier Shinzo Abe (assassinato nel luglio 2022 durante un comizio), che aveva avviato un processo di innovazione della Costituzione pacifista e di incremento della spesa militare riportando l’esercito del Sol Levante a livelli di potenza importanti e, essendosi sviluppato negli ultimi anni, di estrema modernità.
Iron Lady del Sol Levante
Takaichi ama gli Iron Maiden ed è a sua volta chiamata Iron Lady, esponente di una linea più radicale e di destra nel partito liberaldemocratico con una volontà di ferro, appunto, nel rafforzare l’assertività regionale del Giappone, contenendo così sul piano interno la concorrenza crescente del partito ultranazionalista Sanseito e dell’altra formazione di destra Nippon Ishin.
La sua è un’idea revisionista della linea ritenuta eccessivamente autocritica sull’imperialismo storico giapponese e da questa considerazione deriva il suo essere favorevole alla revisione dell’articolo 9 della Costituzione, trasformando le “Forze di Autodifesa” in vere e proprie Forze Armate. Coerente con questo obiettivo è l’aumento della spesa militare al 2% del PIL, previsto nel programma di governo.
L’antica ostilità si riaffaccia
Quindi l’affermazione fatta in relazione a Taiwan non è stata un’improvvisazione. Al fondo, riemerge l’antica e non dimenticata ostilità nei confronti della Cina. Ricambiata dal Dragone, oggi con una forza assai maggiore di quella d’un tempo.
Quello che però Takaichi forse non ha considerato con l’attenzione che meriterebbe è il rapporto di alleanza con gli USA. Fortissimo sin qui, incrementato di recente (proprio da Shinzo Abe) con l’alleanza militare QUAD con Stati Uniti, Australia e India stretta proprio in funzione anticinese.
Esponente di una destra radicale che vede in Trump un proprio punto di riferimento, potrebbe scoprire che il suo idolo non è poi così tanto amico perché America First si sta rivelando sinora un problema innanzitutto per gli alleati tradizionali di Washington. E infatti, quando ha parlato al telefono con Xi Jinping, pochi giorni dopo la frizione emersa fra Tokyo e Pechino, il tycoon si è ben guardato di farne cenno al suo collega cinese.
Nulla è più certo, con questo Presidente degli Stati Uniti.

