La “Teologia rapida può diventare un’intelligenza vivente nella Chiesa, capace di intercettare il cambiamento senza perdere di vista il legame con la tradizione”: questo il tema centrale di una riflessione proposta da padre Antonio Spadaro a più riprese (il 19 gennaio su «Avvenire» e il 27 marzo su questo giornale) e poi sviluppata nell’incontro pubblico del 29 marzo nella basilica di San Giovanni in Laterano.
È stimolante non solo per un cattolico, ma anche per un “non addetto ai lavori” questa riflessione su una teologia non “affrettata o superficiale e veloce”, ma “rapida” e attenta al fluire della storia. Una teologia capace di riflettere in modo nuovo su essa, sulla realtà e sulla esperienza concreta, con una “prontezza nell’agire accanto alla profondità interiore”, secondo la spiritualità ignaziana; non solo sulle idee astratte.
Una teologia capace di muoversi senza agitazione frenetica o impulsività; di sintonizzarsi con la realtà attuale e fronteggiarla; senza la paura o la tendenza di arrestare o invertire il corso del tempo. Una teologia “rapida” perché capace di cogliere l’accelerazione tecnologica e l’evoluzione umana senza prospettive disumanizzanti e senza perdere il legame con la tradizione.
Questa riflessione è particolarmente stimolante nel confronto tra rapidità e velocità e nella distinzione fra esse proposto da padre Spadaro. La velocità è vista come una misura lineare di spostamento per giungere a un obiettivo. La rapidità invece è vista come coinvolgimento della persona, delle sue relazioni, del suo modo di comprendere e vivere i cambiamenti imposti dalla realtà e il loro impatto sulla società nel vortice del presente; senza rimpiangere ritmi lenti e sicurezze del passato. Si è giustamente detto che la rapidità non esclude la lentezza; al contrario può essere complementare a essa, nel suo coniugare agibilità, mobilità, ponderazione e misura.
Questo discorso è significativo nella sua applicazione anche a temi e ambiti diversi e lontani da quelli della teologia. Si pensi alla transizione da un clima di sopraffazione reciproca e di scontro ad un dialogo di convivenza e di rispetto vicendevole tra persone nei settori più diversi: dal rapporto tra l’economia e la politica a quello tra essa e la ricerca scientifica e tecnologica; o al rapporto tra ciascuna di esse e la giustizia.