Non è il diavolo che abbiamo rappresentato nei giorni scorsi, ma neppure l’angelo che affiora dai ritratti elegiaci di queste ultime oreC’è sempre una fitta coltre di imprevedibilità che avvolge la storia politica dei popoli e dei paesi. Per esempio, i più severi critici del presidente Trump (e io tra questi) sono costretti a rendergli omaggio per la “pace” in Medio Oriente. Laddove quella sua diplomazia così essenziale, così disattenta ai dettagli, per qualche verso perfino brutale nell’omaggio che rende alla religione dei rapporti di forza, ha ottenuto risultati su cui nessun bookmaker avrebbe scommesso un centesimo fino a qualche ora prima.
Sono gli alti e bassi di una politica quasi “situazionista”, che concede assai poco alla saggezza dell’antica diplomazia e alle parole d’ordine dei ceti politici più tradizionali. Ma tant’è. A questo punto occorre solo sperare e pregare che le cose continuino lungo la strada che si è tracciata fin qui. A dispetto delle previsioni di quasi tutti.
Però proprio questo gioco dell’andare e venire, dell’alternanza di paternalismo e tracotanza, dell’onesta dissimulazione dei propri propositi, rende più fragili e incerte le intese appena raggiunte. Poiché l’America che “sistema” il Medio Oriente in queste ore è pur sempre un Paese in crisi e assai poco votato a occuparsi con un certo spirito degli affari del mondo.
E il suo presidente magari non è il diavolo che abbiamo rappresentato nei giorni scorsi, ma neppure l’angelo che affiora dai ritratti elegiaci di queste ultime ore. Si è imboccata una strada lunga e impervia. Cerchiamo di percorrerla senza che il pregiudizio reciproco ci fermi a metà. Con la giusta misura e senza gli eccessi delle opposte tifoserie.
Fonte: La Voce del Popolo – 16 ottobre 2025
Articolo qui riproposto per gentile concessione dell’autore e del direttore del settimanale della diocesi di Brescia