Il 6-7 ottobre 2006 si svolse a Orvieto un seminario dal titolo “Per il Partito democratico”. Una delle relazioni principali, in occasione di quell’incontro propedeutico alla formazione del nuovo soggetto unitario dei riformisti, fu affidata a Roberto Gualtieri. Di seguito riportiamo la parte conclusiva del testo in questione, con la possibilità di accedere, attraverso il link a fondo pagina, alla sua lettura integrale.

Il punto da cui partire è la consapevolezza che il grande rinnovamento intellettuale di cui il paese ha bisogno non potrà essere disgiunto da quello morale. Se non vuole ridursi a semplice procedura o rappresentanza di interessi, la democrazia deve essere infatti innervata da forti motivazioni etiche, e ciò impone di misurarsi con il tema di un orizzonte etico condiviso e con la questione della laicità della politica. È necessaria però una premessa metodologica, che riguarda l’esigenza di considerare l’etica e la politica come attività distinte, ossia reciprocamente autonome anche se in rapporto tra loro. È una distinzione importante, perché la tendenza attualmente così diffusa a politicizzare le questioni etiche o ad affrontare i problemi politici con gli strumenti dell’etica costituisce un indicatore allarmante di una duplice crisi, che investe sia la sfera della politica che quella dell’etica. Evitare commistioni improprie tra etica e politica è quindi la prima condizione per misurarsi con il problema vivissimo della decadenza morale del paese e della necessità di un orizzonte etico condiviso.

Per farlo, credo sia importante partire da un duplice presupposto. Da un lato, il riconoscimento che le energie morali che scaturiscono dall’esperienza religiosa costituiscono un alimento vitale per la democrazia soprattutto di fronte alle nuove sfide che essa è chiamata ad affrontare; dall’altro, la consapevolezza che, per svolgere questo ruolo, la religione non può che accettare pienamente la dimensione della laicità, che è il terreno che ha reso viva la sua presenza nel mondo contemporaneo. Ciò significa evitare, da parte di tutti, il piano dell’etica normativa e dei principi non negoziabili, che costituiscono un patrimonio inviolabile degli individui, e muoversi sul piano dell’etica condivisa. Un’etica del lavoro e della responsabilità, che si concentra sulle opere e sui progetti, un’etica della persona e del dialogo, aperta al confronto fra tutte le posizioni presenti nella comunità.

Tale approccio non riguarda solo la laicità dello Stato (che peraltro è già regolata in modo esemplare dalla Costituzione repubblicana), ma consente di affrontare anche il problema della laicità della politica, cioè del modo concreto di definire il sistema di valori con cui un partito politico affronta, nel suo agire, i problemi nuovi che sorgono dagli sviluppi delle scienze e delle tecnologie, dall’espandersi della convivenza multietnica e multireligiosa, dagli sviluppi della sovranazionalità. Di fronte a questioni di tale portata, l’etica condivisa può consentire di realizzare non solo un reciproco riconoscimento di principi, ma anche di affrontare la sfida dell’elaborazione di una “tavola di valori” comuni a cattolici e socialisti, credenti e non credenti, intorno ai quali orientare la ricerca di soluzioni nuove ai problemi della nostra epoca.

Anche per questo, la costruzione del Partito democratico costituisce un’impresa appassionante e un laboratorio prezioso, che può contribuire in modo originale all’apertura di una nuova stagione della democrazia e della libertà.

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