Articolo pubblicato sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma di Giulio Albanese
La scelta di un buon libro deve essere sempre oculata. Non può prescindere dal titolo, possibilmente accattivante, dal nome dell’autore, dai contenuti trattati e dalla notorietà acclarata di chi firma la prefazione, qualora rientrasse nella scelta editoriale. Ebbene, nel caso di «Una nuova innocenza», Oltre la pandemia. Per un mondo possibile, uscito da poco nelle librerie per i tipi di Intermedia Edizioni, queste condizioni sono ampiamente soddisfatte. Anzitutto per l’esplicito riferimento alla pandemia ancora in corso che ha sconvolto intere nazioni, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche per i suoi drammatici effetti collaterali.
Ma la penna di Raffaele Luise, firma certamente ben accreditata nei circoli culturali e religiosi dell’Urbe e autore del commento pubblicato in questa stessa pagina, si spinge ben oltre la narrazione di quanto è avvenuto nel tempo della reclusione, quando, in Italia, le circostanze erano tali per cui era impedita ogni genere di relazione. Egli infatti ha il merito di aver sviluppato, con un linguaggio coinvolgente, a tratti addirittura in versi, poetico e comunque sempre armonioso, numerose considerazioni per sviluppare un’efficace ermeneutica di quanto sta ancora avvenendo sul palcoscenico della storia.
Siamo, in effetti, sulla linea di faglia tra un “prima” e un “poi”, non foss’altro perché il mondo, inteso come società globalizzata, sarà molto diverso da come lo abbiamo lasciato alla vigilia del coronavirus. Lo stesso Papa Francesco aveva prefigurato questo scenario: la nostra non è un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca. Si tratta di un nuovo corso che impone un cambiamento di mentalità, dunque una conversione interiore, nella consapevolezza che fin quando il “primo mondo” — quello di cui, nel bene e nel male, siamo parte integrante — era distante dalle periferie geografiche, quelle dei cosiddetti bassifondi della Storia, tutto era riconducibile a un’architettura del pensiero che legittimava le diseguaglianze.
Ma ora in cui un po’ tutti abbiamo appreso, per forza o con la ragione, che la caducità umana, nelle sue molteplici declinazioni, è trasversale nel perimetro della globalizzazione, sarebbe auspicabile andare al di là dei luoghi comuni, degli stereotipi, dei pregiudizi o più in generale di quegli atteggiamenti di chiusura che hanno sempre marcato le distanze tra i popoli. Non solo: ciò che l’umanità ha vissuto, un po’ a tutte le latitudini, in questi sconvolgenti mesi del 2020, non lascerà più nulla come prima.
Il messaggio è diretto e preannunciato con grande chiarezza nell’incipit della prefazione. Per inciso, non è frequente che un saggio sia accompagnato da un simile proemio a quattro mani di due illustri porporati: i cardinali Francesco Coccopalmerio e Walter Kasper. Facendo eco alle parole dell’autore, essi auspicano una decisa assunzione di responsabilità da parte di tutti, credenti e non credenti. E sì perché il covid-19 è stato e continua ad essere un segnale delle crescenti discrasie che attanagliano il nostro pianeta. Mentre una quota significativa della popolazione mondiale, soprattutto nei Paesi industrializzati, era reclusa nelle proprie abitazioni, la Nasa, attraverso i suoi satelliti, ha misurato un calo “significativo” dei livelli di inquinamento un po’ dappertutto: dalla Cina all’Europa. In molte località, grazie alle restrizioni imposte dalle autorità per contrastare la pandemia, sono crollati gli indici di inquinamento ambientale, soprattutto nei grandi centri abitati, per non parlare delle acque dei mari e dei fiumi che sono tornate ad essere limpide e cristalline come mai.
Certamente dobbiamo prendere sul serio la minaccia che viene dallo sfruttamento indiscriminato della natura, giudicando su questa base i comportamenti individuali e collettivi, compresa l’offerta politica. Urge un’economia radicalmente diversa da quella che continua a mettere in pericolo le bellezze del Creato. Servono modelli che affermino a chiare lettere le priorità dei diritti e delle tutele del lavoro sugli interessi di produzione e la sfrenata corsa alla massimizzazione dei profitti.
Soprattutto è necessario mettere in discussione il nostro modus vivendi, condizionato costantemente da pseudo bisogni indotti per moltiplicare in modo dissennato i consumi. Concetti che Papa Francesco, nel suo illuminato magistero, ha ben espresso nell’enciclica Laudato si’. Anche perché la natura, inutile nasconderselo, presenta il conto. Quello salatissimo che già paghiamo dovrebbe ammonirci perché è sempre più evidente che se non cambieremo registro il pianeta potrebbe tranquillamente fare a meno dell’uomo. Dovremmo tutti avere l’onestà intellettuale di comprendere che abbiamo un destino comune e che dunque non possiamo prescindere dai bisogni di ogni genere di alterità.
Una sfida che prim’ancora che essere sociale, politica o economica, è innanzitutto e soprattutto spirituale. Luise ha il merito, non solo di aiutare il lettore a volare alto nella comprensione di questo scenario inedito della pandemia, ma offre anche dei criteri per operare sano discernimento.