Roma, 4 set. (askanews) – I volenterosi accelerano: 26 Paesi sono pronti a dar vita a una “forza di rassicurazione”, anche schierando truppe in Ucraina, nell’ambito di un eventuale cessate il fuoco ma l’Italia, come annunciato, si sfila da un impegno diretto sul terreno.
I capi di Stato e di governo della coalizione si sono riuniti oggi in un summit che si è svolto in forma ibrida. A Parigi erano presenti, tra gli altri, il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, i presidenti di Consiglio europeo e Commissione Antonio Costa e Ursula von der Leyen; altri si sono collegati da remoto. Tra questi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il primo ministro britannico Keir Starmer, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il segretario generale della Nato Mark Rutte. Al termine della riunione, i leader hanno avuto un colloquio a distanza con il presidente americano Donald Trump.
Ventisei Paesi, principalmente europei, si sono “impegnati” a partecipare a una “forza di rassicurazione” nell’ambito di un futuro cessate il fuoco russo-ucraino, dispiegando truppe in Ucraina o essendo “presenti su terra, in mare o in aria”, ha annunciato in conferenza stampa Macron. Una forza, ha assicurato, che “non ha alcuna intenzione o obiettivo di scatenare una guerra contro la Russia”. Il presidente francese ha anche spiegato che il “sostegno americano” a queste “garanzie di sicurezza” per Kiev sarà finalizzato “nei prossimi giorni”. I volenterosi chiedono agli Usa di assumere una funzione di backstop, rappresentando il terzo ‘anello’ di interposizione, dopo quello dell’esercito ucraino sul fronte e quello degli stessi volenterosi nelle retrovie. “L’intenzione è chiara: porre fine a questa guerra il prima possibile e aprire la strada a negoziati diplomatici, garantendo al tempo stesso la sicurezza a lungo termine dell’Ucraina”, ha aggiunto Zelensky.
Questa soluzione, però, come più volte detto pubblicamente, non piace a Meloni, che aveva già messo sul tavolo un altro modello. Oggi la premier, riferisce Palazzo Chigi, “ha nuovamente illustrato la proposta di un meccanismo difensivo di sicurezza collettiva ispirato all’articolo 5 del Trattato di Washington, quale elemento qualificante della componente politica delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina”. Meloni ha poi ribadito “l’indisponibilità dell’Italia a inviare soldati in Ucraina” confermando però “l’apertura a supportare un eventuale cessate il fuoco con iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini”. Per quanto riguarda il collegamento con Trump, “sono stati condivisi gli esiti della riunione della mattina ed è stato riaffermato il senso di unità nel ribadire l’obiettivo comune di una pace giusta e duratura per l’Ucraina. Essa – si legge ancora nella nota di Palazzo Chigi – può essere solo raggiunta con un approccio che unisca il continuo sostegno all’Ucraina, il perseguimento di una cessazione delle ostilità, il mantenimento della pressione collettiva sulla Russia, anche attraverso lo strumento delle sanzioni, e solide e credibili garanzie di sicurezza, da definire in uno spirito di condivisione tra le due sponde dell’Atlantico”.
Sulla stessa posizione di Meloni anche la Polonia, come ribadito oggi dal premier Donald Tusk, che ha dato invece il via libera ad avere un ruolo “logistico”. In attesa la Germania, con Merz che nei giorni scorsi aveva faticato a nascondere l’irritazione nei confronti della connazionale von der Leyen che supporta invece l’invio di truppe. “Decideremo a tempo debito”, la linea di Berlino. Macron ha comunque poi precisato che non tutti i 26 sono pronti a inviare soldati ‘boots on the ground’. Dunque anche Italia, Polonia e Germania “fanno parte dei 26 contribuenti, ciascuno dei quali ha una sua modalità di intervento”, alcuni “dispiegheranno truppe sul terreno” in Ucraina, altri “resteranno in Paesi membri della Nato mettendo a disposizione la propria base”.