E’ stato davvero interessante l’incontro di ieri, caratterizzato dall’intervista a De Rita (Censis) sul saggio di Lucio D’Ubaldo e Giuseppe Fioroni, che ha avuto come tema “I 100 anni dall’appello di don Sturzo: Elogio dei liberi e forti”. L’intervento finale di Lucio si è posto il problema di trovare il presupposto politico e culturale al fine della ricerca di quella ‘identità di cattolici popolari che sembra essersi indebolita, e lo ha fatto ripensando all’impegno sturziano. Sono tuttavia possibili delle alternative politiche.
Il contributo passato dei cattolici, a partire da don Sturzo, è stato quello di avere condotto le masse popolari dalla condizione “plebea” al livello della direzione dello Stato. La politica ha tentato di imprimere una spinta politico e idealistica che potesse trasformare le persone da uno stato di sudditanza a quello di liberi cittadini. Ma, oggi? Oggi, di fronte alla globalizzazione e alla secolarizzazione quello Stato post-guerra e post-boom economico, sembra essere una questione passata: le risorse non ci sono, come pure non ci sono più piani Marshall o Putiniani. Questo Stato pesante, lento, inefficiente, non consente più lo sviluppo economico e sociale. Le casse pubbliche non coprono le guarigioni dai conflitti sociali (crisi dei corpi intermedi).
Ci vuole quindi un nuovo Stato, una nuova idea di Repubblica e di Democrazia. Ci vuole insomma un nuovo Patto tra governati e governanti. Tutti, cattolici e non, post-comunisti e non, devono ripensare a nuove identità che non buttino all’aria quelle vecchie (solidarietà, fraternità, correzioni del sistema capitalistico, responsabilità verso la res publica). Ecco, questo potrebbe essere il terreno più avanzato per ritrovare lo spirito di Sturzo, che, come sostiene Lucio, valorizzò l’impegno dei popolari per poter mettere in atto i suddetti principi fondamentali.