La politica italiana resta avviluppata in un bipolarismo fasullo che non è in grado di leggere compiutamente gli eventi che stanno modificando gli equilibri della geopolitica internazionale ponendo già ora interrogativi epocali ai quali dovrà essere data, prima o poi, risposta.
Prevale la tattica del contingente: oggi per delle elezioni locali, domani per un voto in Parlamento, ieri per le nomine in qualche Consiglio di Amministrazione, e così via.
Dichiarazioni e contraddizioni
Dichiarazioni tutte uguali, invariabilmente destinate al bene di “famiglie e imprese”, occupano spazi televisivi inutili e stucchevoli divisi fra sostenitori del Governo per i quali va tutto straordinariamente bene e membri dell’opposizione per i quali va tutto straordinariamente male.
Affermazioni di “unità” inscalfibile fra le coalizioni – a destra come a sinistra – che odorano di falso nel momento stesso in cui sono pronunciate e che, soprattutto, evitano opportunisticamente di affrontare le contraddizioni, evidenti, che albergano in ciascuno dei due schieramenti. Ingannando così gli elettori, cioè i cittadini italiani.
L’Ucraina come spartiacque
Ora però il progressivo incrudimento della situazione internazionale a partire dall’avvio della “operazione militare speciale” russa in Ucraina, una guerra che si combatte da tre anni e mezzo sul suolo europeo, a poche migliaia di km dai nostri confini, dovrebbe – io dico deve, a questo punto – imporre alle singole forze politiche e ai loro leader un atteggiamento maggiormente rispettoso di noi tutti, cittadini di questo Paese.
Le contraddizioni – nella maggioranza come nell’opposizione – sono palesi. Enormi, addirittura. Sono ormai numerosi i voti parlamentari, a Strasburgo e a Roma, che certificano le divisioni interne al Governo e al c.d. Campo Largo su questioni – l’Unione Europea e il sostegno all’Ucraina, per prendere solo due temi fra i più rilevanti – che sono ormai dirimenti.
Filo-russi e atlantisti
Ed è al proposito evidente la concordanza di afflati filo-russi espressi in più circostanze dai vecchi partner del governo giallo-verde, leghisti e pentastellati: uniti pure da un comune sentimento intriso di scetticismo (ed è questo un eufemismo, specie nel caso della Lega salviniana) nei confronti dell’Unione Europea.
Per contro il partito della Premier si muove, con qualche imbarazzo, fra reminiscenze antieuropeiste forgiate nel suo identitario nazionalismo ed esibito atlantismo: sostenitore convinto della causa ucraina, ma da qualche tempo in modo più cauto innanzi alla confusa e aggressiva politica trumpiana, non volendo Giorgia Meloni inimicarsi il vendicativo Presidente statunitense, con il quale ha un buon rapporto personale.
Mentre il PD, partito decisamente europeista e atlantista per cultura e attitudine politica, presenta ora una venatura, ancora minoritaria in verità, che mostra una qualche incertezza sulla scia di onorevoli posizioni pacifiste che rischiano però l’irenismo e soprattutto sulla base della convinzione che solo con un’alleanza allargata alla sinistra più radicale e al populismo pentastellato si possa vincere il confronto elettorale contro la Destra.
Prevarrà la politica o l’opportunismo?
In conclusione: le alleanze che si presenteranno al giudizio del corpo elettorale non hanno al loro interno alcuna coerenza e mostrerebbero in un attimo tutte le loro contraddizioni se la situazione internazionale dovesse farsi
ancora più grave.
Solo un palese e clamoroso tradimento dei propri principi fondativi porterebbe da un lato Forza Italia e dall’altro il Partito Democratico a condividere, per mere esigenze elettorali, una linea di politica europea ed estera opposta a quella da sempre rivendicata e affermata.
Un tradimento inaccettabile, tanto più in momenti come questi. E dunque sarà la politica estera a imporre un cambiamento del quadro. Certo, sempre se sarà la Politica e non l’opportunismo del momento a prevalere.