L’articolo appare nell’edizione odierna dell’Osservatore Romano a firma di Dario Velo
l 9 maggio è la giornata in cui si festeggia la nascita del processo di unificazione europea. La data è stata scelta per onorare la dichiarazione di Robert Schuman con cui il ministro francese il 9 maggio 1950 lanciava alla Germania di Adenauer il progetto di creazione della Ceca, primo passo verso la federazione europea.
La dichiarazione era stata scritta da Jean Monnet. Per comprendere l’importanza di quel primo passo è necessario comprendere la strategia con cui Jean Monnet ha sempre operato e che ha consentito all’Unione europea di progredire fino a oggi. Una strategia che non è stata compresa da molti per la sua innovatività. È stato tacciato di essere funzionalista, tecnocrate, di aver dato importanza agli aspetti economici dimenticando i valori. Accuse totalmente infondate che derivano unicamente dalla difficoltà di comprendere il rovesciamento rivoluzionario delle idee politico-costituzionali tradizionali. Una nuova visione del processo costituente che non ha teorizzato ma che ha direttamente concretizzato: Monnet è sempre stato uomo d’azione.
La Ceca è un’istituzione volta a dare dimensione europea a un settore produttivo specifico; la sua portata è in realtà molto più ampia in quanto contiene i principi fondamentali che guideranno il processo di unificazione europea negli anni successivi.
Un aspetto da sottolineare è l’importanza del settore carbo-siderurgico in quegli anni, che non potrebbe essere correttamente valutata ove si faccia riferimento alla configurazione attuale di quello stesso settore produttivo.
All’epoca, il settore produttivo carbo-siderurgico aveva valore strategico per l’industria, per la produzione di armamenti, per l’approvvigionamento di energia che copriva per circa il 70 per cento il fabbisogno totale. La regione della Saar, ricca di carbone, era stata tradizionalmente oggetto di contesa fra Francia e Germania; nel 1947 era stata costituita in una forma di protettorato francese; economicamente integrata alla Francia, politicamente era amministrata da un governo autonomo sottoposto al controllo di un alto commissario francese.
Il bacino della Ruhr, cuore della potenza tedesca, a sua volta era gestito da una autorità internazionale.
Il confronto mondiale fra Occidente e Urss rese palese la insostenibilità di queste soluzioni. La guerra fredda richiedeva l’apporto della Germania e quindi il suo sviluppo industriale. Per evitare una debolezza dell’Europa occidentale nel suo insieme, gli Stati Uniti si orientarono a favore della possibilità per la Germania di riappropriarsi dell’industria pesante per alimentare lo sviluppo. Con l’aggravarsi della tensione con il blocco sovietico, la Germania costituiva un alleato troppo importante per essere lasciato in una situazione di debolezza, politica ed economica.
La prospettiva della rinascita di una Germania forte, leader economico del continente, risvegliava peraltro i secolari timori della Francia, che pure riconosceva la razionalità dell’orientamento statunitense. Questa contraddizione fu superata grazie all’orientamento innovativo, di portata storica, ideato da Monnet: acconsentire allo sviluppo del settore carbo-siderurgico tedesco non sotto il controllo tedesco, bensì di una autorità sovranazionale condivisa, la Ceca. Questa formula, semplice nei suoi tratti essenziali, rappresentò il varo dell’unificazione europea. Il settore carbo-siderurgico in Francia, Germania e negli altri paesi aderenti veniva posto sotto il controllo di un’autorità europea, di carattere federale, eletta democraticamente dai paesi membri. La Germania sarebbe così stata coinvolta nella costruzione europea, in modo da non rappresentare più una minaccia per gli altri paesi europei e, al tempo stesso, riacquistando pari dignità internazionale.
La portata di questa soluzione si rivelò di importanza fondamentale per il processo di unificazione europea, al di là dello specifico problema affrontato: la europeizzazione del settore carbo-siderurgico. Il metodo monnettiano, inaugurato dalla Ceca, consentirà al processo di unificazione di svilupparsi, risolvendo di volta in volta i problemi cruciali che l’unificazione era chiamata ad affrontare.
Monnet stesso sintetizza la natura del metodo da lui ideato e fatto proprio da Schuman nella Dichiarazione: un’azione concreta e risoluta, imperniata su un punto limitato ma decisivo, che provochi un cambiamento fondamentale e, poco per volta, modifichi i termini stessi dell’insieme dei problemi. Questa logica costituente gradualistica consentirà successivamente la nascita dell’Euratom, della Cee, dell’Unione monetaria europea e una serie di progressi intermedi.
La Ceca conteneva inoltre un’opzione di portata egualmente fondamentale: il superamento della logica intergovernativa e l’affermazione graduale di istituzioni sovranazionali. Monnet aveva ricoperto il ruolo di vicesegretario generale della Società delle nazioni e, in tale posizione, aveva fatto esperienza diretta dei limiti delle organizzazioni internazionali fondate sui rapporti intergovernativi. Il fallimento del Consiglio d’Europa come motore di un nuovo ordine europeo aveva confermato ai suoi occhi i limiti insuperabili delle organizzazioni intergovernative. La cooperazione intergovernativa esclude il trasferimento di poteri agli organi comuni, e ciò rende deboli e inefficaci i processi decisionali di questi ultimi, sempre sottoposti ai veti dei governi interessati prioritariamente alla tutela degli interessi particolari della nazione di appartenenza.
Al tempo stesso era impossibile creare nell’immediato una struttura federale; la recente fine del secondo conflitto mondiale alimentava il timore che in una struttura federale potesse prevalere la volontà dello stato membro più sviluppato e popoloso ─ la Germania ─ contro cui tutti gli stati membri della Ceca avevano combattuto. Per superare questo ostacolo si intuisce la possibilità di organizzare una nuova forma di statualità, in grado di vivere un processo di trasformazione già implicito all’avvio del processo. Per valutare la portata di questa intuizione, essa va collocata nel contesto della politologia dell’epoca, la quale non aveva definito chiaramente i modelli di statualità federale e confederale. Si disegna per la Ceca un modello costituzionale con aspetti federali e confederali, prevedendo meccanismi in grado di attivare un processo di trasformazione in senso federale. Monnet non è un teorico astratto, è anzi permeato di cultura empirica. Il suo disegno discende dalla capacità di ricercare soluzioni di portata strategica in grado di risolvere i problemi.
Il meccanismo fondamentale attivato è il trasferimento di poteri dagli stati membri al processo di unificazione. La portata di questa innovazione non è ancora pienamente compresa, in quanto non corrisponde alle esperienze acquisite. La soluzione ideata può essere sintetizzata, cogliendone alcuni punti essenziali che caratterizzeranno in seguito il processo di unificazione europea fino a oggi.
Organo sovranazionale è costituito dall’Alta autorità, con potere di assumere decisioni vincolanti per i paesi membri della Ceca. L’Alta autorità è composta da 9 membri nominati dai governi per 6 anni, con il mandato di esercitare le proprie funzioni nell’interesse comune, in piena indipendenza dai governi che li aveva nominati. Spetta all’Alta autorità il ruolo di governo e al tempo stesso essa detiene la facoltà di iniziativa legislativa.
L’Alta autorità è affiancata da un “senato”, il Consiglio dei ministri, composto da un membro per ogni stato, con il compito specifico di coordinare le decisioni dell’Alta autorità nel settore carbo-siderurgico con le politiche economiche nazionali. Spetta al Consiglio dei ministri deliberare parere conforme all’unanimità per le decisioni più importanti e a maggioranza per le decisioni di minore rilievo. Il Consiglio dei ministri è organo confederale, ma la distinzione fra decisioni all’unanimità e a maggioranza contiene una valenza federale. Accanto al “senato”, viene creata una “camera bassa”, un’Assemblea rappresentante i popoli dei paesi membri. L’Assemblea ha poteri consultivi ma può deliberare, con maggioranza qualificata dei due terzi, la caduta dell’Alta autorità. I suoi membri sono designati dai parlamenti nazionali, ma è prevista la possibilità di elezione a suffragio universale diretto.
Infine, la Ceca prevede una quarta istituzione, la Corte di giustizia, composta da 7 membri nominati dai governi per 6 anni, chiamata a garantire il rispetto del Trattato e a dirimere le controversie. Quest’ultima istituzione ha massima importanza per lo sviluppo federale della Ceca: questa consapevolezza deriva dalla conoscenza del ruolo svolto nell’esperienza statunitense della Corte costituzionale. Questa struttura del Trattato Ceca anticipa, come già si è richiamato, la struttura istituzionale della Cee prima e dell’Unione europea poi nei tratti essenziali. L’esperienza del processo di unificazione europea nel corso di mezzo secolo conferma la previsione di Monnet che questa struttura istituzionale avrebbe consentito lo sviluppo graduale dei poteri federali, assecondando un processo costituente “a tappe” successive.
Questa forma di statualità, mai sperimentata in precedenza, rispondeva a una esigenza specifica. Monnet aspira a definire una statualità in grado di superare i limiti della cooperazione intergovernativa fondata sulla regola della unanimità delle decisioni; la nuova statualità è orientata a realizzarsi implementando un ordine federale non predefinito ma costruito gradualmente con i necessari e possibili gradi di libertà creativa costituzionale. Al tempo stesso, Monnet vuole evitare i rischi e i limiti di una scelta radicale a favore di una struttura federale compiuta fin dall’inizio, sull’esempio di esperienze federali consolidate quale in primis la costituzione federale degli Stati Uniti. Una scelta radicale così configurata non sarebbe stata sostenuta dal necessario consenso degli stati europei. Essa inoltre avrebbe ostacolato la creazione graduale di un modello innovativo. È questo il punto cruciale che distinguerà, per tutta la sua vita, Monnet dai federalisti “radicali” guidati da Altiero Spinelli.
Una scelta radicale di questo genere avrebbe costituito, per Monnet, una soluzione conservatrice, alimentata dalle esperienze del passato, destinata a frenare la possibilità di rendere l’unificazione europea un cantiere ove sperimentare nuove forme di statualità, per l’Europa e in prospettiva per il mondo intero. Monnet non ha mai dimenticato i valori mondialisti che avevano animato la Società delle nazioni negli anni compresi fra le due guerre mondiali.
Il Trattato della Ceca precorre infine l’affermazione dell’economia sociale di mercato come costitutiva del modello europeo. La Ceca svolge un ruolo importante anche in campo sociale, tutelando la salute e la sicurezza dei lavoratori, sviluppando un’edilizia popolare per i lavoratori stessi e tutelando l’inserimento e i diritti civili degli operai provenienti da altri Paesi europei ed extraeuropei. All’epoca, i flussi migratori sono prevalentemente intraeuropei, unidirezionali dal Sud verso il Centro-nord.
Tradizionalmente, la politica sociale era sviluppata dalle istituzioni pubbliche, nel quadro della politica di welfare generale. La Ceca afferma un modello diverso, ove libertà di mercato e solidarietà si fondono in modo organico, con un nuovo rapporto pubblico-privato. È questo il portato fondamentale dell’economia sociale di mercato, che afferma tre principi in un ordine coerente: libertà, solidarietà, sussidiarietà. Sarà Alfred Müller-Armack a coniare il termine stesso «economia sociale di mercato», in epoca successiva al Trattato Ceca. Anche da questo punto di vista, è confermata la carica innovativa della Ceca, che anticipa il modello europeo così come si è progressivamente definito, in alcuni contenuti cruciali.