Il 14 giugno Massimo Cacciari pubblicava su “La Stampa” un pezzo dal titolo “Sindaci, viaggio al termine della notte”. Il giorno dopo Antonio Decaro, Presidente dell’Anci, rispondeva sulle stesso quotidiano torinese affermando (sempre nel titolo): “Caro Cacciari, la stagione dei Sindaci non è fallita”. Con questa lettera aperta, indirizzata per l’appunto a Decaro, la combattiva Ciambella lanciava ieri il suo “grido di dolore” a nome…dei consiglieri comunali. Sono loro, sostiene la consigliera nazionale dell’Anci, i capri espiatori di un sistema imballato.
Lettera aperta al Presidente dell’Anci Antonio Decaro
Noi dovremmo essere ben felici che si apra una discussione seria su questo “viaggio alla fine della notte”, evocativo del fallimento della stagione aperta con le riforme dei primi anni ‘90, che interessa tutto intero il mondo delle autonomie locali.
La risposta all’intervento di Massimo Cacciari, assertore del fallimento riguardante il sistema inaugurato con l’elezione diretta dei Sindaci, ha bisogno di espandersi in una coralità di valutazioni. La crisi non appartiene in esclusiva ai Sindaci, ma agli amministratori locali nel loro complesso. Anzi, riguarda in proporzione più questi – i consiglieri comunali – che non i Sindaci.
Se fosse, infatti, solo un problema di maggiore o minore protagonismo politico, così da restringere la crisi a mero confronto tra gli attori che fino ad oggi hanno interpretato il ruolo di Primi cittadini, non avrebbe molto senso l’allarme lanciato da Cacciari. Infatti c’è molto di più.
Sta di fatto che una riforma concepita per esaltare il potere locale ha trasformato l’elezione diretta del Sindaco nel collo di bottiglia della democrazia comunitaria. Le assemblee elettive hanno perso il ruolo che un tempo avevano, troppo facilmente classificato sotto la sigla di assemblearismo improduttivo. I consiglieri comunali sono ormai degli amministratori di serie B: le cose che contano le decide e le gestisce il vertice municipale, ovvero il “sistema” (giunta, dirigenza amministrativa e manager delle società partecipate) che ruota attorno al Sindaco con tutte le limitazioni del caso, avendo certe le responsabilità ma non le risorse.
L’effetto è quello di una evidente frustrazione collettiva, dato che il confronto nelle aule consiliari ignora a questo punto il valore della dialettica positiva tra maggioranza e opposizione. I due schieramenti misurano, per ragioni diverse, il “ricatto” di una disposizione che impedisce di correggere strutturalmente il percorso amministrativo, essendo la sfiducia al Sindaco foriera di scioglimento del Comune.
La notte, si dice, è illuminata da lanterne e sono proprio i Sindaci a portare queste provvide lanterne, se non addirittura a rappresentarle metaforicamente. Ecco, vero o non vero, si tratta di un discorso poco convincente. L’illuminazione lasciamola ai cultori di altre materie. Noi dobbiamo farci carico della distorsione, se colta nei risvolti pratici, manifestatasi nel corso di vari lustri. E dobbiamo farlo restituendo dignità e valore al servizio che gli eletti – tutti gli eletti – sono chiamati ad assolvere per il bene della comunità locale. Il loro impegno, la loro “missione” devono essere apprezzati e considerati dal sistema che invece li ha relegati troppo spesso a qualche vetrina del momento.
Varrebbe dunque la pena che un’Associazione fedele alla sua storia come l’Anci, che nasce all’alba del Novecento per rappresentare un momento di solidarietà a tutto campo tra gli amministratori locali – dedichi un adeguato spazio a ciò che viene emergendo in questa notte delle autonomie locali. La prossima Assemblea annuale guadagnerebbe allora prestigio se fosse animata da questo interrogativo sull’ubi consistam della “repubblica delle autonomie”. La difesa dei Sindaci, in sostanza, non è altra cosa dalla difesa degli amministratori locali. Sincerità e chiarezza si impongono: infatti, qualora fosse altra cosa a dispetto del buon senso, di certo apparirebbe come un involontario e incongruo esempio di corporativismo fine a se stesso.
Proviamo a fare un salto in avanti.