La diffusione sempre più capillare del digitale produce la creazione di nuovi spazi online per l’esercizio dei diritti fondamentali quali la libertà di espressione, di riunione e di associazione con grande impatto soprattutto nei Paesi in cui i diritti sono repressi.
Marino Fardelli
Si è svolto ad Ankara nei giorni scorsi (Turchia, 11-12 gennaio 2023), promosso dal coordinamento internazionale dei Difensori civici, il IV° Simposio internazionale su “Il futuro dei diritti umani nel 21° secolo”. In particolare, il tema al centro della discussione concerneva gli “Effetti della digitalizzazione sui diritti umani”. Il testo qui riportato è un ampio stralcio dell’intervento di Marino Fardelli,Difensore Civico della Regione Lazio nonché Presidente del Coordinamento nazionale dei Difensori civici italiani.
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La partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita democratica, l’inclusione sociale e l’esercizio dei diritti non possono prescindere dall’innovazione e dalla transizione digitale che produce effetti e distorsioni sul tema della digitalizzazione e sui servizi connessi. Pervengono sul tavolo dei Difensori civici delle regioni e delle province autonome italiane diverse istanze di cittadini lamentando questioni legate all’accesso ai servizi digitali, alla connessione, alle infrastrutture, alla capacità di accedere in regime di delega (a beneficio dei soggetti fragili), a tutto ciò che comporta insomma l’attivazione di una identità digitale per usufruire quindi di servizi legati al tema della Pubblica Amministrazione.
Questa “cittadinanza digitale” che ha l’obiettivo di semplificare il rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione, tramite l’uso delle tecnologie digitali, non avviene sempre in maniera lineare e facile e il cittadino, in un’ottica di prossimità amministrativa, lo evidenzia presentando istanze dettagliate al Difensore civico di competenza mettendo in risalto vuoti normativi, vulnus interpretativi, questioni pratiche, deficit strutturali legati alla connessione con fibra o ancora con zone d’Italia sprovviste di accesso veloce, che di fatto alimentano problematiche in merito al rilascio della cittadinanza digitale.
Il Difensore civico vuole così essere attore protagonista di questo cambiamento.
Altro tema che vorrei affrontare con voi è quello che avviene e a cui assistiamo in tema di libertà di espressione mediante l’utilizzo dei sistemi digitali e anche dei social.
Nell’ultimo periodo si assiste in diverse parti del mondo a diversi movimenti di censura parziale, limitata o totale dove in alcuni Paesi appunto avviene una sorta di caccia alla persona che usa i nuovi sistemi di digitalizzazione e questa cittadinanza digitale mondiale viene messa a repentaglio da diversi Governi nazionali che di democratico non hanno assolutamente nulla anzi adottano una connotazione più di dittatura che di democrazia perché troppa democrazia generata dalla digitalizzazione può mettere in discussione gli stessi governi e la stessa politica che ad un certo punto non può più governare azione di controllo contro la cittadinanza.
L’italiana Alessia Piperno, “travel blogger”, qualche mese fa è stata arrestata in Iran perché in un post su Instagram ha liberamente espresso una propria opinione e quindi tacciata da Teheran come “agitatore di masse” utilizzando di fatto i canali digitali per denunciare ciò che aveva visto con i propri occhi durante le manifestazioni alle proteste per la libertà scoppiate nel paese iraniano dopo la morte di Mahsa Amina, la giovane uccisa per una ciocca di capelli che fuoriusciva dal velo. Assurdo. Altro esempio che abbiamo sotto i nostri occhi noi occidentali è quello che avviene a discapito del popolo ucraino da parte di un paese aggressore che non solo usa bombe e missili per colpire cittadini inermi (quindi dov’è la difesa dei diritti umani da parte degli aggressori?) ma manipola l’opinione pubblica interna ed internazionale con fake news che danno un’immagine distorta della realtà delle cose usando sistemi digitali che non contribuiscono al diffondersi dei diritti umani ma ad una vera e propria minaccia ad uso e consumo di una dittatura che deve essere condannata senza se e senza ma anche in questa sede.
Tecnologia e diritti umani sono un binomio “a doppia faccia”, se da una parte le innovazioni possono produrre forme di controllo sempre più capillari ed invasive nella sfera privata degli individui, mettendo in discussione consolidati diritti e libertà fondamentali, dall’altra possono diventare un formidabile strumento per rafforzare e proteggere meglio questi stessi diritti. Diversi studi e rapporti dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) dimostrano come la diffusione sempre più capillare del digitale produce la creazione di nuovi spazi online per l’esercizio dei diritti fondamentali quali la libertà di espressione, di riunione e di associazione con grande impatto soprattutto nei Paesi in cui i diritti sono repressi.
La diffusione massiva di campagne di disinformazione su temi divisivi e di assoluto rilievo (quali la salute pubblica o, perfino, la vita democratica dei paesi o la guerra, l’utilizzo di mezzi informatici come armi di attacco verso il singolo e le comunità) sono solo alcune delle minacce perpetrate attraverso la rete, che rappresentano un mezzo sempre più potente di controllo e limitazione delle libertà dell’individuo.
L’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha evidenziato l’importanza di tale trasformazione: i social media, ad esempio, hanno dato voce ad una vera e propria “coscienza civica globale”, rafforzando e consolidando il ruolo svolto dai singoli attori in tutto il mondo; basti pensare all’effetto di movimenti come il #MeToo, che ha contribuito a sensibilizzare in maniera effettiva l’opinione pubblica sul tema delle molestie sessuali nei confronti delle donne oppure, o ad esempio alla campagna mondiale “Sii coraggioso come l’Ucraina” #BeBraveLikeUcraina con lo scopo di diffondere in rete gli atti di coraggio e le atrocità subite dal popolo ucraino.
Come anticipato, il conflitto russo-ucraino da ultimo ha mostrato, ancora una volta e con particolare evidenza, quali sono i rischi legati ad una cyberwar, scenario in cui si sta delineando anche quella che può essere definita una vera e propria social-war: una guerra combattuta con strategie di condizionamento del consenso realizzate soprattutto attraverso i social network, sulle quali potrebbe peraltro incidere il recente Codice di condotta sulla disinformazione della Commissione europea, adottato a giugno 2022 e sottoscritto da alcune grandi piattaforme digitali per combattere la disinformazione online.
Per tali paure la Russia ha censurato da circa un anno l’uso dei principali social come Facebook e Instragram a discapito dei cittadini russi che cosi non possono arrivare e cercare le informazioni sulla rete. Assurdo nel 2023 che accada una cosa simile. Accenno velocemente ad un altro tema che il rapporto annuale sull’applicazione della Carta dei Diritti Fondamentali la Commissione europea ha tracciato in maniera efficiente le sfide della tutela dei diritti nella digital age, a cominciare da quelle poste dell’intelligenza artificiale e dal digital divide. Da dove bisogna partire? Investendo sulla formazione e la scuola a tutti i livelli ma anche supportando le imprese nel processo di innovazione digitale. Gli obiettivi di queste azioni devono essere duplici: formare i cittadini in grado di sfruttare le potenzialità del digitale e al contempo lavoratori “spendibili” in un mercato del lavoro in velocissima trasformazione.
In conclusione, propongo, sulla scorta di quanto emergerà da chi porterà il proprio contributo dopo di me e a conclusione di questo atteso e interessante evento, che possa essere apportato un documento finale che racchiuda in sintesi elementi utili per definire l’”Agenda di Ankara” al fine di portare all’attenzione internazionale le questioni sollevate con questo importante appuntamento e che riguardano tutti noi Difensori Civici a garanzia dei diritti dei cittadini.