Secondo Charles Larmore – filosofo statunitense, specialista di filosofia morale – l’aspettativa di un ragionevole disaccordo è tipica dell’età moderna.
Ma nel caso degli ultimi avvenimenti legati al Governo Conte, non si riesce a capire se il disaccordo renziano sia veritiero.
E’ anche vero che dei, presunti, diritti viene fatto un uso meramente retorico come arma ideologica collegandoli spesso ad una “verità” etica personale.
Ma in questo caso i valori alla base dello scontro non sembrano essere fondamentali per chi ha iniziato una rappresentazione teatrale della crisi.
La sfiducia a Bonafede non sembra avere una calendarizzazione veloce e Italia viva nelle ultime ore ha, anche, votato la fiducia al Governo.
Un modo di fare abbastanza strano.
Quando vengono violati i propri valori, solitamente, si sbatte la porta, si rovescia il tavolo di trattativa e si esce dalla porta principale a testa alta.
Ma questo non sembra la via intrapresa da Renzi.
La paura è di non superare lo sbarramento al cinque per cento gli fa gettare il sasso e ritirare la mano.
Tutto proteso all’idea di un governo per le riforme, magari guidato da Draghi che gli consenta di continuare a sedere negli scranni senatoriali e gli permetta di allontanare l’immagine dello sfascista.
Da piccoli solitamente i papà redarguivano i figli chiedendogli di contare fino a 10 prima di parlare.
Sembra che papà Renzi non abbia dato questo utile consiglio al figliolo.
Che ora cerca un centro di gravità.