Il Don Bosco dimenticato dagli storici del movimento operaio

Ancora oggi i temi della contrattazione rimangono prevalentemente quelli elencati nel “contratto di apprendizzaggio” sottoscritto a Torino nel 1852 da Don Giovanni Bosco e dall’artigiano Giuseppe Bertolino.

Nel lontano 8 febbraio 1852, Don Giovanni Bosco, già da anni impegnato nella periferia torinese a favore della gioventù disagiata e povera, sottoscrisse un atto a tutela di un ragazzo cresciuto e formato al lavoro nell’Oratorio da lui fondato. Questo documento, registrato in carta bollata del Regno Sabaudo, è considerato da diversi studiosi, il primo contratto di apprendistato o addirittura una delle prime forme di accordo negoziale fra Parti sociali.

Leggendo il testo, a distanza di oltre centosettanta anni, si ritrovano nel metodo e nel merito i contenuti della contrattazione del sindacalismo pragmatico e riformista, che ha fatto la storia delle relazioni sindacali. Innanzitutto una sottoscrizione che riconosce più soggetti: il datore di lavoro, il genitore del ragazzo, e quindi il giovane lavoratore, Don Bosco; importante proprio la figura del sacerdote piemontese che assume il ruolo di rappresentante del giovane lavoratore formato nel suo centro e ne esige, con il linguaggio del tempo, i diritti fondamentali per una prestazione lavorativa: impegno dell’artigiano-datore al rispetto della persona da utilizzare per le sue capacità professionali e non come mero elemento da sfruttare o maltrattare; l’obbligo ad orari definiti; l’attenzione alla salute e alla sicurezza del lavoratore; la garanzia di riposi obbligatori; l’individuazione di un reddito certo e soprattutto progressivo nel tempo attraverso l’acquisizione di nuova esperienze lavorative ed infine, il vincolo alla formazione e all’aggiornamento professionale. Insomma, un vero e proprio accordo fra Parti rappresentative di interessi diversi, che si riconoscono reciprocamente e stabiliscono impegni e diritti.

Un documento che mette la persona al centro del lavoro nella migliore tradizione del cattolicesimo sociale, del quale San Giovanni Bosco rappresenta una delle prime esperienze concrete nel contesto della nascente industria dell’Italia Settentrionale.

La funzione e le intuizioni del Santo piemontese, spesso dimenticato dagli storici del movimento operaio, ha invece avuto un ruolo fondamentale nella regolazione dei rapporti di lavoro.

Ancora oggi i temi della contrattazione rimangono prevalentemente quelli elencati nel “contratto di apprendizzaggio” sottoscritto a Torino nel 1852 da Don Giovanni Bosco e dall’artigiano Giuseppe Bertolino; il tutto contestualizzato alle innovazioni e alle condizioni del tempo.

Nella Torino che si preparava ad affrontare un importante sviluppo dell’industria manifatturiera, che ne caratterizzerà oltre duecento anni di storia del territorio, Don Bosco sperimentò, in alternativa all’approccio ideologico e politico del nascente scontro tra capitale e lavoro, amplificato dalle opposte ideologie della destra e della sinistra tradizionali, il metodo della contrattazione e del negoziato tra parti, che ha poi consentito alle Organizzazioni Sindacali di assumere un ruolo da protagoniste nella società.

Un’eredità importante e significativa, quella che ha consegnato San Giovanni Bosco, al mondo del lavoro. È giusto sottolinearne ancora la centralità.

Il testo del “contratto di apprendizzaggio”