In che misura le esperienze maturate dal coronavirus indurranno ai cambiamenti di comportamento individuali e collettivi della nostra società italiana? Non lo sappiamo ancora, ma proviamo a prefigurarne alcuni.

Parafrasando Machiavelli l’introduzione di un’innovazione “produce l’inimicizia di coloro i quali hanno profitto a preservare l’antico e soltanto tiepidi sostenitori in coloro che sarebbero avvantaggiati dal nuovo”. La brusca novità (catastrofe, calamità, cambiamento repentino di abitudini, di paradigmi socio-economici) stimola messaggi neurofisiologici alla corteccia prefrontale che inducono o all’aggressività (luddismo) o alla fuga all’indietro (passatismo) o alla paralisi (incredulità e stasi). Lo sanno bene i genitori che, di fronte ad un fanciullo che subisce una caduta, vedono che piange, se chi gli sta di fronte si spaventa e si angoscia, o ride, se chi gli sta di fronte sorride e amorevolmente rassicura. È l’effetto dei neuroni specchio che trasferiscono empaticamente i sentimenti tra esseri umani in relazione visiva .

Queste reazioni vengono superate se vengono innescati i bisogni fondamentali dell’uomo/donna, che Maslow ci ricorda essere: sopravvivenza, fame, sete, sesso, riconoscimento sociale.

Il coronavirus sta emergendo come un nuovo “cigno nero”, cioè un evento imprevisto e imprevedibile, che, come ci ha ricordato Thaleb può cambiare la storia o, in ogni caso, l’esperienza collettiva di una comunità (italiana, europea, umana?). Domandiamoci quali potrebbero essere i primi effetti sul piano dell’innovazione in tema di lavoro.

a) La riscoperta del lavoro domestico, che attraverso il telelavoro, il lavoro smart, il lavoro decentralizzato, da un lato isola il lavoratore dai rapporti umani, ma dall’altro gli consente di accudire anche ai lavori domestici, alle cure parentali, alle pause, stimolo alla creatività e alla relazionalità produttiva. È la fine del lavoro fordiano, ma pure della “classe lavoratrice” sostituita sempre più dalla segmentazione professionale e dalla rete di “relazioni sindacali trasversali e transnazionali”. Si pensi ai “lavoratori” di Airbnb, della logistica transnazionale, delle filiere produttive-distributive di prodotti industriali, alimentari, farmaceutici che, di fronte allo strapotere delle Over the Top, si possono informare, contattare, mobilitare in eventuali “scioperi” transfrontalieri. Si pensi ai “consumatori” in rete che possono informarsi, comunicare le loro valutazioni su prodotti e servizi (banche e assicurazioni in primis) e, se danneggiati, procedere a campagne di “svuotamento della reputazione” o di svelamento di comportamenti sleali, truffaldini o “socialmente ambigui” a livello mondiale.

b) La espansione della teledidattica. Strumento già adottato negli anni ’70; chi non ricorda le lezioni notturne della rete Nettuno (ne fui coinvolto anch’io) che abituarono i docenti ad essere comunicativamente efficaci, interattivi con i partecipanti e comunque presenti, pena la perdita di credibilità e di stima da parte dei loro colleghi, forse gli unici che seguivano, criticamente, certe lezioni. Ciò consentirà da un alto l’espansione del numero dei laureati, magari di laurea triennale, quindi professionalizzante, dall’altro di sviluppare una seria politica di aggiornamento e di riqualificazione professionale che oggi, in particolare in Italia, è una grave mancanza.

c) Lo sviluppo della telemedicina, che ora consente di diagnosticare da remoto e di evitare code, intasamenti e sovraccarico al personale medico e paramedico, e domani, come già avviene negli Stati Uniti, la chirurgia a distanza e le relative terapie domestiche, con maggiore specializzazione, minori costi sanitari e minor inutile trasferimento di pazienti e parenti per l’Italia e per l’Europa. Naturalmente con adeguamento della velocità delle reti, dei sistemi assicurativi e delle normative che tutelino i pazienti e gli operatori sanitari.

Vi sarà quindi bisogno di nuove professionalità, per nuovi posti di lavoro e per nuove competenze interdisciplinari. Certo, resta il problema della fase intermedia che Machiavelli icasticamente descrive. Ma questa è da sempre compito della politica: prefigurare il futuro garantendo chi non riesce a raggiungere il nuovo. In Europa prima la Gran Bretagna post-belliica, poi l’Italia, lo seppero fare nel passaggio dalla società agricola a quella industriale.

Possibile che una nuova classe dirigente italiana non sia in grado di fare un analogo sforzo nel 2020?

(Tratto da http://www.associazionepopolari.it/)