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venerdì, 22 Agosto, 2025
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Il Leoncavallo ieri oggi e domani. Cronaca di una identità in conflitto

ll Leoncavallo ha accumulato una trentina di sfratti a ragione dei proprietari dell’immobile, ciò fino ad arrivare all’oggi. Una storia di occupazioni, sgomberi e resistenze che attraversa cinquant’anni di vita pubblica italiana.

Quella del Centro Sociale Leoncavallo “Spazio Pubblico Autogestito” è una lunga storia, la foto di un tratto d’Italia con tutti i suoi fermenti e tutte le sue contraddizioni. A riprova, può anche chiamarsi Leoncavallo S.p.A., anche se non ha nulla da fatturare.

 

Le origini negli anni 70

In sintesi, per quanto si legge, prende piede nel 1975 in via Mancinelli per iniziativa di collettivi antifascisti della zona e Avanguardia Operaia, e di qualche esponente dei movimenti Lotta Continua e Movimento Lavoratori per il Socialismo. Se si pensa solo a una pericolosa aggregazione di carattere anarchico-sovversivo ci si sbaglia.

Al tempo i suoi componenti si distinsero anche per mettere in piedi un comitato contro l’eroina e per questo ci lasciarono la pelle due suoi ragazzi, eroici testimoni di lotta alla droga.

Zone dombra e aperture culturali

Ci furono poi, in seguito, delle commistioni con la lotta armata dell’epoca brigatista e, successivamente, aperture culturali verso espressioni di musica alternativa. Zone d’ombra e di chiaro si sono avvicendate come in altre espressioni sociali e politiche del nostro Paese.

Sembra che nell’agosto del 1989 fu tentato uno sgombero della struttura che registrò fenomeni di resistenza con l’uso di molotov, pietre e quant’altro di utile contro le forze dell’ordine.

Se vero, la sentenza contro gli autori della resistenza concesse loro attenuanti per “aver agito per alti valori morali e sociali”, indicando invece responsabilità dell’allora amministrazione comunale.

Dal conflitto al compromesso

Si passò in seguito a una scelta “non violenta” e al trasloco in via Salomone: qualcosa di più saggio rispetto all’ispirazione passata.

Nel 1994, dopo un ennesimo sgombero, venne poi occupata l’ex cartiera in via Watteau e si definì nella sostanza un’adesione all’allora Partito di Rifondazione Comunista. Alla fine, il Leoncavallo ha accumulato una trentina di sfratti a ragione dei proprietari dell’immobile, ciò fino ad arrivare all’oggi.

Simboli e metafore

Leoncavallo è anche l’autore de “I Pagliacci”, in cui si racconta la drammatica vicenda di una compagnia teatrale girovaga, un po’ come il nostro Centro Sociale oggi all’altare della cronaca, che ha cambiato spesso sede e che ha sul fondo un triste destino.

Sfrattare indica in origine muovere qualcuno dalle siepi e rovi in cui si è annidato — che siano di cemento poco importa — mentre sgombrare è la rimozione di qualcosa che si è gongolata facendosi ben grossa, dando segno orgoglioso della sua presenza.

Lo sgombro è un pesce che brilla d’azzurro e che ultimamente sul mercato ha ripreso valore. Non lo puoi allevare, è per così dire naturale, ricco di sostanze e costa poco. Occorre vedere per quanto tempo andrà ancora di moda o se cadrà di nuovo nel dimenticatoio.

Il mare delle confusioni

Siamo sempre nel mare delle confusioni: il leone e il cavallo insieme possono convivere, ma a dispetto di una confusa identità ogni volta da ricalibrare. Il primo morde e l’altro scalcia, insieme si difendono e insieme si contendono un’immagine e un’idea precisa da regalare al prossimo.

Ora si è agito perché la legge è legge. Così come per i campi rom non c’è da farsi molte illusioni. Liberare uno spazio dai suoi occupanti non li cancella da questo mondo.

Torneranno e si faranno vivi da qualche altra parte, prenderanno a presidio qualche altra realtà: di terra non ne manca. La sola cosa certa è che l’opera “I Pagliacci” si conclude con la gelida frase “la commedia è finita” ed anche di questo non sarà possibile avere adesso del tutto certezza.