Siamo troppo abituati a storie di manager infallibili che quando ne troviamo uno diverso, semplicemente appassionato a fare bene il suo lavoro, ci appare inattuale o fuori luogo. Nicola Barone racconta in un libro autobiografico (Una vita da Presidente, Mediabooks), scritto a quattro mani con Santo Strati, un iter professionale che non si distanzia da un percorso di vita, essendo l’uno e l’altro uniti da solidi principi e convinzioni. Ciò che conta è agire da “buoni cristiani e onesti cittadini”, secondo le parole di Don Bosco, da cui ha tratto – lui ragazzo di un piccolo centro di Calabria giunto a esercitare nel tempo ruoli di grande responsabilità dentro e fuori il perimetro aziendale (Sip, Telecom, Tim) – l’invito a mantenersi fedele a una linea di coerenza.
Il libro sarà presentato il pomeriggio dell’1 aprile a Roma, ma già ora è disponibile sulle piattaforme digitali, a cominciare da Amazon. Quel che se ne trae è interessante: l’ingegnere, il tecnico, il professionista, ma anche l’uomo di cultura e di fede, vengono fuori pagina dopo pagina. L’immagine trasmessa, pure al di là della esperienza manageriale, è quella di un amico delle moderne tecnologie di comunicazione. Nel tempo gli è stata riconosciuta questa dimensione di sensibilità e attitudine. Non a caso può fregiarsi del titolo di “Marconista del XXI secolo” assegnatogli dalla Fondazione recante il nome dell’inventore del radiotelegrafo. E dunque, anche questo sentire da vicino il fascino della scienza lo ha spinto e vieppiù lo spinge ancora a guardare al futuro con sana carica di fiducia e ottimismo.
Qualche nota a margine, per inquadrare meglio il personaggio. Certamente esibisce un educato entusiamo nelle cose che fa, e questo è importante perché molto spesso il profilo manageriale si associa a un che di spasmodico e penoso, senza una parvenza di espansività lusinghiera e sorridente. Inoltre sa parlare e soprattutto ascoltare, quando proprio l’ascoltare è diventata ai giorni nostri una virtù rara, travolta dall’impellenza dei patrocinatori di se stessi.
Il libro va letto perché i successi di Barone rivelano in controluce come l’Italia sia cresciuta – quando è cresciuta – al passo di esperienze individuali e collettive intrise della voglia di smarcarsi, lungo il vecchio solco dalla ricostruzione postbellica, dalle persistenti arretratezze e sperequazioni, per conquistare nuovi e più qualificati livelli di esistenza.
Ciò nondimeno, questa rappresentazione di un tempo speso a rendere proficuo, non solo per sé, l’impegno nel lavoro, non fa scattare la pretesa di stare dalla parte della storia e avere addirittura il dono della profezia. Che vuol dire? Alle volte si esagera nel fare leva sulle proprie capacità, valide magari in un campo ma non altrove. Basta ricordarsi di un bravo manager della Fiat, Aurelio Peccei, che a un certo punto smise di fare il manager e cominciò, a cavallo degli anni ‘60/‘70, a scrivere di futuro. Le previsioni del Club di Roma, di cui fu attore pricipale, ebbero un tono di sciagura. Adesso, di fronte ai problemi dell’inverno demografico, ci sembra perlomeno sproporzionato il suo allarme per i pericoli di sovraffollamento del pianeta. È la dimostrazione di come non avesse torto Mark Twain – se appartiene a lui o a Niels Bohr la citazione resta ancora un mistero – quando disse che “fare previsioni è difficile, specie se riguardano il futuro”.
L’atteggiamento di Nicola è diverso, non perde il senso della misura e dell’equilibrio. In una recente intervista a tgcom24 così ha risposto alla domanda sul perché il suo libro meriti uno sforzo di attenzione: “Perché vuole essere un modello e uno stimolo per i giovani, che hanno bisogno di modelli positivi (…) Io sono una persona uscita dalla periferia senza alcuna infrastruttura e sono arrivato dove sono arrivato: se ci sono riuscito io…”. Nessuna spocchia dunque ma serena e limpida testimonianza, con un unico vero obiettivo che pare consistere effettivamente nella ricerca e nella promozione di una linea di continuità emotiva e intellettuale tra generazioni diverse, per non dimenticare quanto sia essenziale nelle vicende di ognuno di noi quel particolare algoritmo che si chiama amore per la propria funzione attiva nella società. Insomma, per dirla in breve e senza iperboli, questa biografia ci regala pillole di saggezza di cui oggi più che mai dovremmo far tesoro.