14.1 C
Roma
martedì, Febbraio 11, 2025
Home GiornaleIl nuovo muro di Berlino: il Ppe alle prese con l’errore di...

Il nuovo muro di Berlino: il Ppe alle prese con l’errore di Merz.

Non basta, come ha fatto il Ministro Tajani, dichiarare di augurarsi che gli italiani in Germania non votino AfD. Servono, in seno al Ppe, azioni più incisive e drastiche di fronte all’avanzare della barbarie neonazista.

Lunedì mattina, prima del vertice informale convocato da Costa, nel corso di una colazione molto veloce (presenti anche von der Leyen, Metsola e Weber), i capi di stato e di governo del Ppe hanno avuto modo di esprimere le loro preoccupazioni. A poco più di due settimane dal voto in Germania, infatti, il Partito Popolare europeo è scosso dalle manovre di Friedrich Merz, capo dei cristianodemocratici e candidato alla Cancelleria. La sua decisione di votare al Bundenstag una restrizione dei controlli alla frontiera insieme ad Alternative für Deutschland ha lasciato tutti sbigottiti. Il fatto che la proposta non sia passata, grazie anche al voto contrario di alcuni deputati della Cdu, ha addirittura peggiorato lo scenario per Merz, che rischia di essere travolto da ulteriori polemiche: se progetti di sbagliare ma non riesci neanche a farlo davvero non sei un vero leader. Insomma, se proprio devi sbagliare, fallo perbene.

Particolarmente incisivo il rientro sulla scena di Angela Merkel, intervenuta dopo mesi di silenzio, con un comunicato stampa secco: “È sbagliato fare accordi con l’ultradestra”. Gli elettori si chiedono cosa sia rimasto del Ppe che metteva alla porta Viktor Orban, detto Viktator per come gestisce l’Ungheria. Parliamoci chiaro: da anni, in vari Paesi, i partiti nazionali membri del PPE hanno stretto accordi con la destra, da ultimo in Belgio, dove lunedì è stato presentato il nuovo governo che mette insieme, tra gli altri, cristianodemocratici e conservatori fiamminghi. Ma il Ppe è sempre stato in grado di differenziarsi e, in generale, c’è un limite a tutto, anche agli errori. E di sbagli Merz ne ha messi in fila almeno tre: sdraiarsi sulle proposte di AfD mirava anche a togliere voti agli estremisti. I numeri dicono che l’operazione è fallita perché dal 12% di distacco di due mesi fa, i più recenti sondaggi mostrano come la forbice fra Cdu e AfD sia scesa a 8/9 punti percentuali. Per fortuna si vota presto, con questo trend finirebbe male.

Un errore è stato commesso anche nel merito: la unilaterale sospensione di fatto di Schengen avrebbe messo in difficoltà non solo i Paesi vicini e i governi Ppe in tutta Europa, ma soprattutto la credibilità stessa del Ppe. Come può, infatti, restare unito il primo partito politico europeo, il più europeista (tanto da essere stata la casa politica di tutti i Padri fondatori dell’Unione), se l’azionista di maggioranza relativa, quello con il peso maggiore, il partito di Adenauer, Kohl e – appunto – Merkel, è il primo a proporre soluzioni unilaterali? Dovremmo, forse, prepararci a uno scenario in cui tutti i governi a guida Ppe decidono la sospensione di Schengen. Sono 14, sarebbe la fine dell’Unione, proprio mentre si cerca di creare unità sui dazi che Trump vuole imporre ai prodotti made in Europe e che rischiano di dividere profondamente governi ed economie, dividendo l’Ue in Paesi buoni e Paesi cattivi. Nessun vuole immaginare quale terremoto si rischia d’ora in avanti a Bruxelles, dove serve una maggioranza in Parlamento per far passare le leggi che von der Leyen inizia a predisporre e non si vede proprio come si possa fare a meno delle altre forze tradizionalmente pro Ue. Un conto è rivedere il Green deal, altro è rivedere i valori fondanti dell’Unione.

Nei giorni scorsi, le cassette delle lettere degli eurodeputati sono state sommerse di cappellini “Make Europe Great Again”. Insomma: mentre nei palazzi delle Istituzioni ci si chiede come combattere le uscite strampalate di Elon Musk a sostegno di AfD e di ogni forza estremista, quali misure adottare per fermare la disinformazione russa, a Berlino si decide di andare a braccetto proprio con i maggiori beneficiari della propaganda antieuropea online. Se i capi di stato e di governo hanno presentato le loro preoccupazioni, stupisce il silenzio dei leader dei partiti membri del Ppe. Non si può difendere l’eredità valoriale del popolarismo europeo di fronte ad accordi con chi ha chiesto classi separate per gli alunni disabili, moderna versione del monte Taigeto a Sparta: in pratica, la fine dei cattolici impegnati in politica.

Non basta, come ha fatto il Ministro degli esteri italiano Tajani, tra l’altro da 23 anni vicepresidente del Ppe, dichiarare di augurarsi che gli italiani in Germania non votino AfD e proclamarsi sovranisti europei. Servono, in seno al Ppe, azioni più incisive e drastiche di fronte all’avanzare della barbarie neonazista. Anche a costo, se necessario, di rinunciare a poltrone presenti o future. Perché, come insegna Chamberlain, una volta scesi a patti con chi vuole distruggere le nostre società, non si torna più indietro. È un muro che non può e non deve crollare, una frontiera – questa sì – da tenere in piedi.