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venerdì, Marzo 14, 2025
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Il nuovo ordine americano e il risveglio europeo

Il discorso di Trump segna il tramonto della democrazia liberale americana, sostituita da una plutocrazia tecnocratica. L’Europa deve rispondere unita, ritrovando lo spirito dei padri fondatori, per difendere la democrazia dal turbo-capitalismo.

Dopo il discorso del presidente Trump in occasione del suo giuramento a Capitol Hill, si moltiplicano le interpretazioni sia negli Stati Uniti d’America sia al di fuori di essi.

Non c’è dubbio che ci troviamo di fronte a una profonda trasformazione della tradizionale visione della democrazia americana, a seguito di un discorso che sembra voler segnare una svolta radicale sul piano istituzionale, economico e sociale degli USA.

Ci si chiede come sia stato possibile che gli americani abbiano sostenuto, per due mandati consecutivi, e in modo così plebiscitario la seconda volta, un leader politico definibile come “pregiudicato senza sanzioni”. Questo è reso possibile dalle norme che sanciscono la non perseguibilità del Presidente degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, ci si interroga sulle cause di una sconfitta così bruciante per il Partito Democratico, rappresentato da una maggioranza di presidenti silenti durante il rito del giuramento, trasformatosi in una sorta di incoronazione del nuovo Zar d’America.

Rispondendo alle riflessioni di un caro amico, ho ricordato un saggio del sociologo tedesco Ferdinand Tönnies, “Comunità e società”, in cui distingue due forme di solidarietà: la prima, da lui definita “organica”, caratterizza i rapporti stretti e connessi tra gli attori di una comunità (come avviene probabilmente nella società americana extraurbana e rurale); la seconda, “meccanica”, è tipica delle realtà urbane, dove i legami sono frammentati e ridotti a funzioni meramente pratiche.

Con Trump, tuttavia, emerge una novità: le nuove élite pluto-tecnocratiche (ossia i più ricchi degli Stati Uniti e del mondo) non agiscono più come burattinai esterni ai politici, ma entrano direttamente nei centri di potere, assumendo ruoli rilevanti nel governo degli USA. Trump è riuscito a conquistare il voto del ceto medio e della povera gente, ma ora, di fatto, il potere è anche fisicamente nelle mani di quei personaggi in bella mostra durante il giuramento. Così, quella che era considerata la democrazia liberale per eccellenza, specie per quelli della mia generazione, ispirati negli anni Sessanta dagli ideali kennediani, si sta trasformando in una plutocrazia tecnocratica, impegnata a dominare il mondo.

Ricordo che, nel mio piccolo paese, Ficarolo (Rovigo), organizzai, all’epoca della presidenza Kennedy, il primo circolo polesano a suo nome. Ascoltare ieri il discorso della “rivincita trumpiana” mi ha colpito profondamente, rendendomi consapevole di quanto sia ormai dominante una realtà alternativa a quella che sognammo negli anni della nostra gioventù.

Questa neo-politica monroviana (“l’America agli americani”), trasformata in uno slogan – con Trump e Musk – in “Make America Great Again” (MAGA), viene sbandierata senza scrupoli anche contro gli stessi alleati occidentali. Tuttavia, rischia di diventare un boomerang per gli USA, che vedranno crescere il loro isolamento proprio tra i tradizionali partner.

Siamo testimoni del tramonto della democrazia liberale americana e del trionfo della plutocrazia tecnocratica trumpiana, che rappresenta l’ultima fase del turbo-capitalismo finanziario USA. Di fronte a questa realtà, è indispensabile una risposta unitaria dell’Europa, in difesa dei principi di democrazia e libertà.

Messa alle strette, auguriamoci che l’Unione Europea sappia ritrovare lo spirito dei suoi padri fondatori: De Gasperi, Adenauer, Monnet e Schuman. L’Europa, del resto, possiede il risparmio più grande rispetto a quello americano e competenze tecnologiche e scientifiche di altissimo livello. Tuttavia, per affrontare questa sfida, sarà necessario unificare i sistemi fiscali ed economico-finanziari, iniziando dall’applicazione, a livello europeo, della Legge Glass-Steagall e della nostra Legge bancaria del 1936, ristabilendo una netta separazione tra banche di prestito e banche di speculazione finanziaria. Solo così si potrà porre fine allo strapotere degli hedge funds anglo-caucasici/kazari, con base operativa nella City di Londra e fiscale, a tassazione zero, nello Stato del Delaware.

Purtroppo, oggi l’Unione Europea è ostaggio di 5-6 fondi speculativi che controllano al 100% banche, borse, energia, farmaceutica, telecomunicazioni e distribuzione alimentare. Ursula von der Leyen ha avuto una prima reazione efficace: è giunto il momento di pensare in modo più strategico. La “cuccagna” della difesa garantita a prezzi scontati dagli USA è terminata; è tempo di considerare nuovi interlocutori, a partire da Cina, India e i Paesi BRICS.

Superare il muro di ferro rappresentato da quei fondi speculativi non sarà facile, e richiederà l’impegno di tutti i cittadini europei interessati a difendere la democrazia e la libertà. In questo scenario, la presidente Meloni si è iscritta lodevolmente al club degli amici di Trump, dichiarando di voler svolgere un ruolo positivo di raccordo tra gli USA e l’Unione Europea. Le auguriamo ogni successo, con la speranza che l’Italia non cada nella storica e dolorosa tentazione del doppiogiochismo, già sperimentato durante le due guerre mondiali del XX secolo.