In base al rapporto di collaborazione tra le due testate, Il Domani d’Italia e Orbisphera, pubblichiamo il testo integrale dell’editoriale di Antonio Gaspari, direttore di Orbisphera.
Il Natale di Gesù di Nazaret è il mistero di una nascita che ci ricorda che «gli uomini, non sono nati per morire, ma per ricominciare».
Lo ha detto il 21 dicembre Papa Francesco citando la filosofa ebrea Hannah Arendt, durante il discorso per gli auguri natalizi ai membri della Curia Romana e del Collegio Cardinalizio.
Secondo il Pontefice, davanti al Mistero dell’Incarnazione, accanto al Bambino adagiato in una mangiatoia, troviamo il posto giusto solo se siamo «disarmati, umili, essenziali».
A questo proposito Francesco ha ricordato il programma di vita suggerito da San Paolo: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo».
Il Papa ha invitato a rivestirsi di umiltà, imitando Gesù «mite e umile di cuore» per mettersi «all’ultimo posto» e diventare «servi di tutti».
«Questo Natale – ha rammentato il Pontefice – è il Natale della pandemia, della crisi sanitaria, della crisi economica, sociale e persino ecclesiale che ha colpito ciecamente il mondo intero».
«Questo flagello – ha esclamato – è un banco di prova non indifferente e, nello stesso tempo, una grande occasione per convertirci e recuperare autenticità».
Rispetto alle crisi che hanno scosso la Chiesa a causa degli scandali di ieri e di oggi, il Papa ha contrapposto il generoso contributo dei tanti che «nella Curia danno testimonianza con il lavoro umile, discreto, senza pettegolezzi, silenzioso, leale, professionale, onesto».
Secondo Francesco, siamo spaventati dalla crisi perché abbiamo dimenticato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi.
«Ma – ha aggiunto – se troviamo di nuovo il coraggio e l’umiltà di dire ad alta voce che il tempo della crisi è un tempo dello Spirito, allora, anche davanti all’esperienza del buio, della debolezza, della fragilità, delle contraddizioni, dello smarrimento, non ci sentiremo più schiacciati, ma conserveremo costantemente un’intima fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio».
È necessario, però, «non confondere la crisi con il conflitto: sono due cose diverse». La crisi generalmente ha un esito positivo, mentre il conflitto crea sempre un contrasto, una competizione, un antagonismo apparentemente senza soluzione.
La logica del conflitto cerca sempre i “colpevoli” da stigmatizzare e disprezzare e i “giusti” da giustificare.
Ha spiegato il Papa che la Chiesa, letta con le categorie del conflitto – destra e sinistra, progressisti e tradizionalisti –, «frammenta, polarizza, perverte, tradisce la sua vera natura».
Se va in direzione del conflitto diffonderà timore, diventerà più rigida, meno sinodale, e imporrà una logica uniforme e uniformante, così lontana dalla ricchezza e pluralità che lo Spirito ha donato alla sua Chiesa.
Per illustrare la novità introdotta dalla crisi che germoglia dal vecchio e lo rende fecondo, il Papa ha ricordato la frase contenuta nel Vangelo di Giovanni: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto».
«L’atto di morire del seme – ha continuato – è un atto ambivalente, perché nello stesso tempo segna la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro».
Infatti «solo morendo a una certa mentalità riusciremo anche a fare spazio alla novità che lo Spirito suscita costantemente nel cuore della Chiesa. I Padri della Chiesa erano consapevoli di questo, che chiamavano “la metanoia”».
Ha ribadito Francesco: «Sotto ogni crisi c’è sempre una giusta esigenza di aggiornamento: è un passo avanti. Ma per andare avanti bisogna avere il coraggio di una disponibilità a tutto tondo; si deve smettere di pensare alla riforma della Chiesa come a un rattoppo di un vestito vecchio, o alla semplice stesura di una nuova Costituzione Apostolica. La riforma della Chiesa è un’altra cosa. Non si tratta di “rattoppare un abito”, perché la Chiesa non è un semplice “vestito” di Cristo, bensì è il suo corpo che abbraccia tutta la storia».
Il Pontefice ha ribadito che è fondamentale non interrompere il dialogo con Dio, anche se è faticoso: «Pregare non è facile», ha detto. «Non dobbiamo stancarci di pregare sempre. Non conosciamo alcun’altra soluzione ai problemi che stiamo vivendo, se non quella di pregare di più e, nello stesso tempo, fare tutto quanto ci è possibile con più fiducia. La preghiera ci permetterà di sperare contro ogni speranza».
Francesco si è poi rivolto ai presenti dicendo: «Permettetemi di chiedere espressamente a tutti voi, che siete insieme con me a servizio del Vangelo, il regalo di Natale: la vostra collaborazione generosa e appassionata nell’annuncio della Buona Novella soprattutto ai poveri».
Ricordando che i poveri sono al centro del Vangelo, il Papa ha concluso auspicando che «non vi sia nessuno che ostacoli volontariamente l’opera che il Signore sta compiendo in questo momento, e chiediamo il dono dell’umiltà del servizio affinché Lui cresca e noi diminuiamo».
Infine il Santo Padre ha impartito la benedizione natalizia.