L’augurio a questo punto è che si eviti in extremis di esporre la Belloni al voto, essendo più che probabile la bocciatura da parte dei Grandi elettori.

Lo sforzo del Pd va nella direzione giusta. Non è una scelta apprezzabile l’ultima “invenzione” che l’attivismo di Salvini ha messo in campo lanciando, insieme al mutevole Conte, la candidatura di Elisabetta Belloni (dopo aver bruciato la Casellati, Presidente del Senato). La veemente reazione di Renzi ha chiarito in un baleno che si tratta di una operazione improvvida, lesiva del decoro della Repubblica. Giusta, allora, la richiesta di Letta per una sollecita ricomposizione della maggioranza, altrimenti il nodo del Quirinale si aggroviglia sempre più e strozza quella creatura, strana ma indispensabile, rappresentata dal governo Draghi. Al Nazareno giova per altro l’uscita di Berlusconi, a notte fonda, che certifica la disunione del centrodestra: Forza Italia si dispone a trattare in proprio, senza più deleghe formali o informali.

L’augurio a questo punto è che si eviti in extremis di esporre la Belloni al voto, essendo più che probabile la bocciatura da parte dei Grandi elettori; e che, in alternativa, si prenda a ragionare seriamente tra le forze della maggioranza sulla soluzione più adeguata. È necessario prendere atto che la stabilità del governo ha subito duri colpi nel corso di queste giornate tumultuose: perciò qualsiasi tentativo di forzatura, anche se brillante in apparenza, produce fatalmente uno scossone ai danni dell’esecutivo. Siamo a un passo da una crisi che reca in sé, dopo una gestione irrazionale della vicenda quirinalizia, un’unica prospettiva certa: quella delle elezioni anticipate.

Solo la conferma di Sergio Mattarella può garantire la rilegittimazione della leadership di Draghi e quindi la tenuta del governo. Sempre il Pd ha voluto ricordare che ieri a Montecitorio si è visto quanto sia diffusa e robusta la stima verso l’attuale Presidente della Repubblica. Non sono pochi i 336 voti ottenuti al di fuori di una precisa indicazione di partito. Di questo bisogna pure tener conto, se non si vuole restare prigionieri del funambolismo di Salvini e di chi, come la Meloni, gioca allo sfascio del quadro politico, per andare subito alle elezioni. 

Il Paese non è distratto, segue anzi con crescente apprensione lo sviluppo delle trattative per il Colle, finora inficiate dal mix di spregiudicatezza e disinvoltura di qualche presunto regista. In genere – come si dice – chi rompe paga, ovvero subisce la sanzione degli elettori. Non compiere un atto di responsabilità, in un momento delicato del Paese, mette a rischio la credibilità delle singole forze politiche inadempienti.