Non ci sono scorciatoie e se ci fossero non andrebbero percorse. La vicenda del Quirinale esige una soluzione che metta il riparo Draghi da un possibile processo di logoramento. Occorre un gesto di collegiale sapienza e responsabilità.
Condivido pienamente quanto scritto da Lucio D’Ubaldo in tema di Quirinale. Più si va avanti, più emerge con evidenza solare che la soluzione era lì, visibile a tutti. Avevamo due punti di forza: Mattarella e Draghi.
Rischiamo di uscire da questa vicenda senza il primo e col secondo comunque indebolito. Era evidente che il passaggio del Quirinale avrebbe potuto mettere in discussione il Governo. Draghi, nella sua unica uscita pubblica al riguardo, lo aveva detto chiaro e tondo: se la maggioranza di governo si divide sul Quirinale, il governo non può continuare.
Ognuno di noi poteva sognare un nome come successore di Mattarella. Io, per esempio, quando pareva profilarsi quello di Andrea Riccardi, ho pensato: magari, sarebbe un segnale straordinario! Ma, come poteva essere ampiamente previsto, l’ipotesi è durata poco.C’erano (e ci sono) due soli modi per affrontare il passaggio del Quirinale senza uccidere Draghi e ciò che egli rappresenta per il Paese e per l’Europa. Il primo era (ed è) rieleggere Sergio Mattarella. Il secondo era (ed è) eleggere Mario Draghi stesso.
L’Italia non è – però – una Repubblica Presidenziale e neppure lo può essere “di fatto”. Questa seconda scelta – in via di principio eccellente – lascia (lascerebbe) dunque aperta non solo la questione del governo in questo fine legislatura (questione, in astratto, non irrisolvibile) ma sopratutto quella della “direzione di marcia” del Paese.
L’Agenda Draghi va rafforzata e resa programma politico condiviso dal popolo, non archiviata con l’eventuale fine del suo attuale governo. Va “incarnata” nella politica democratica, non assunta come parentesi “tecnica”.
Il tema è tutto qua: Draghi è una parentesi che ci è servita – in emergenza – per ottenere i soldi della UE – e chi si è visto si è visto – oppure è risorsa preziosa per una radicale riforma del nostro sistema politico, amministrativo ed economico? In una parola: per diventare un Paese più efficiente, innovativo, maturo e competitivo?
Il sistema politico italiano è oggi credibilmente pronto a cimentarsi su questo scenario senza la continuità della leadership di governo di Mario Draghi?
La rielezione di Mattarella avrebbe consentito (consentirebbe: se i “consules” evocati da Lucio avessero un sussulto di realismo e di responsabilità) di accompagnare il Paese un poco più avanti rispetto alla “metà del guado” nel quale oggi si trova da ogni punto di vista: economico, finanziario, sociale, sanitario. Ed anche politico-istituzionale: rigenerazione dei partiti e riforma elettorale comprese.
La soluzione era ed e lì sotto gli occhi di tutti: sono convinto che il Presidente non avrebbe rifiutato (e non rifiuterebbe) una richiesta corale in tal senso. Contro le sue stesse opinioni più volte espresse, il senso delle Istituzioni e del dovere che lo ha sempre connotato non glielo permetterebbe. Ma talvolta gli occhiali in dotazione al sistema sono irrimediabilmente appannati.