Il sogno della fraternità interpella la politica

Diventa centrale il tema di come la politica può recepire l'appello alla fraternità lanciato da Papa Francesco, in modo laico, nella sua specifica sfera di azione temporale e soprattutto nelle situazioni date.

L’ideale della fraternità continua ad essere proposto dalla Chiesa come orizzonte nel quale ricondurre i progetti dei diversi blocchi geopolitici che si sono formati nel mondo attuale e che non sembrano ancora aver trovato un accordo che ne garantisca il reciproco riconoscimento in un nuovo quadro di sicurezza e di pace. La fraternità nelle sue implicazioni umanitarie, è stato il motivo ispiratore della missione del cardinal Zuppi a Kiev come del Meeting Mondiale sulla Fraternità di sabato scorso in piazza San Pietro. Ed è stato riproposto nel recente messaggio inviato da Papa Francesco al gruppo del Ppe con l’invito a fare tesoro degli errori compiuti dall’Europa nel secolo scorso prima di intraprendere un percorso volto a costruire uno spazio comune di rispetto delle diversità. L’ispirazione originaria dell’Europa è proprio quello, osserva il pontefice, di cui c’è bisogno per il mondo intero.

Il messaggio della Chiesa, un messaggio universale, ai responsabili politici non potrebbe essere più chiaro nel ricordare che sempre è possibile la via del dialogo.Per questo diventa centrale il tema di come la politica può recepire un tale messaggio, in modo laico, nella sua specifica sfera di azione temporale e soprattutto nelle situazioni date.

In Italia questo significa tenere conto delle responsabilità derivanti da un preciso quadro di alleanze internazionali, che per ora non lascia intravedere un cambio di strategia rispetto al conflitto che insanguina l’Ucraina, che si è fatto più cruento negli ultimi giorni con schemi di battaglia che contemplano un costo elevatissimo in termini di vite umane.

E tuttavia, anche con questa grave ferita aperta di una guerra in corso, è possibile attingere agli strumenti della politica per costruire relazioni basate sulla fiducia reciproca, sulla collaborazione con pari dignità con gli altri popoli.

Verso l’Africa l’Italia sta facendo molto in tal senso. Scoprendo nella maggior parte dei casi che lo schema da nuova cortina di ferro, che sembra esse calato in Europa, non coinvolge il continente nero, dove non di rado aziende cinesi e russe si trovano a fianco di quelle europee e americane, coinvolte in progetti di sviluppo decisi dai singoli stati africani.

Anche l’Eurasia, pur nel quadro di una tendenza al  disaccoppiamento delle catene di approvvigionamento, sta conoscendo una stagione di intenso sviluppo degli scambi commerciali, in particolare in Asia Meridionale. L’Italia che si trova tra Eurasia e Africa, percepisce forse più di altri il fatto che lo sviluppo del cosiddetto Sud Globale ha assunto dimensioni tali non poter essere ignorato. In questa prospettiva si apre una pista di impegno concreto nell’esercitare un’azione di persuasione insieme ai nostri Alleati sulla necessità di intraprendere una svolta. I processi economici che si sono innescati nel nostro secolo appaiono inarrestabili, erigere nuovi muri non può essere la soluzione.

I nuovi assetti di cui il mondo ha bisogno, non si potranno ottenere per via militare, pur mettendo nel conto il mantenimento per tutto il tempo necessario del conflitto ucraino, finché questa sarà la strategia prevalente fra gli Alleati, ma solo riscoprendo, come suggerisce il Papa, le ragioni della fraternità, le ragioni del vantaggio reciproco a fare del mondo uno spazio comune in cui sistemi diversi possano convivere. Che per noi europei significa attingere dalle origini del progetto europeo un modello capace di dare un contributo di grande attualità per le esigenze del mondo attuale.