Molti fatti di cronaca, negli ultimi tempi, ci richiamano alle problematiche giovanili. Da mesi, pensieri e angosce legati alla realtà dei giovani ci attanagliano. Sulle televisioni e nei giornali si moltiplicano i focus di approfondimento; nei gruppi di genitori ci si confronta alla ricerca delle cause. Anche il continuo — e disgustoso — fenomeno dei femminicidi rientra, purtroppo, nella più ampia tematica giovanile.
Il problema è la famiglia
Un mondo complicato, quello giovanile, dove tutto ruota attorno alla famiglia. Ieri una bella intervista pubblicata sul Corriere della Sera allo psicoterapeuta Osvaldo Poli ci chiariva, con apparente semplicità, quanto tutto ciò sia riconducibile alla relazione tra figli e genitori — in una parola: alla famiglia. Genitori che non sanno più fare i genitori. Poli, tra le altre cose, sostiene che:
«Madri e padri devono accettare l’eventualità che il ragazzo faccia qualcosa d’inconsulto. In realtà, il più delle volte è una minaccia priva di fondamento, un incantesimo. Se il genitore ci casca, si ritrova alla mercé del figlio».
Genitori succubi dei figli, spesso intrappolati in una sindrome di Peter Pan che li porta a proiettare sui ragazzi un’idea di giovinezza mai davvero superata.
Genitori amici, figli senza doveri
Sempre Poli osserva come oggi si pensi che «l’adolescenza sia una malattia; che i figli non abbiano doveri; che non si debbano ferire dicendo loro la verità; che il massimo bene per loro siano la laurea prestigiosa e l’inglese fluente».
Con questi presupposti, si comprende perché anche le famiglie apparentemente “normali” — e ci sarebbe da riflettere su cosa significhi davvero “normale” — vivano il dramma degli insuccessi dei propri figli.
Tutti desiderano figli di successo, ma il successo dovrebbe consistere anche nell’ottenere ciò che è normale: crescere nella responsabilità, imparare il valore dei doveri, e non solo inseguire traguardi straordinari.
Forse, farli crescere nella consapevolezza del limite e del senso del dovere è già di per sé un grande successo.
La grande assente si chiama autorità
Bisogna saper dire tanti bei no. Ma il no è diventato il grande assente: in una società in cui tutto dev’essere fluido e piacevole, anche l’autorità si è dissolta.
Vivere in una società così complicata pone il genitore a nascondersi dalle problematiche. E i figli sono i primi a subirne le conseguenze. Spesso sono trattati come il problema, quando in realtà ne sono il sintomo più visibile.
Anche la scuola, una volta baluardo educativo, troppo spesso viene attaccata dagli stessi genitori che pretendono il successo scolastico ma non ne accettano correzione e disciplina.
Insomma, il cane che si morde la coda. Ma a pagarne le spese vi saranno i figli, di oggi e di domani.