Ad un politico si chiede che sappia fare ciò che non compete all’uomo della società civile. E cioè saper leggere in profondità le intenzioni di coloro a cui normalmente fa riferimento. Questo non significa che tale prerogativa non veda utilizzata da soggetti estranei alla politica, ma in quest’ultima sfera, è parte essenziale della proprio attività.
Cosa quindi imputo ai 5Stelle? Imputo che non abbiano colto fino in fondo le recondite intenzioni della ArcelorMittal. E questo è stato un grosso guaio. Ed è questo l’aspetto saliente che evidenzia l’inconsistenza politica di Luigi Di Maio e dei suoi accoliti. Con questo non intendo certamente scagionare le altre forze di Governo che hanno supinamente votato l’ultimo provvedimento sull’ex Ilva di Taranto. In sostanza, quel pretesto che ha consentito agli Indiani di fare la mossa che sappiamo.
La lungimiranza è una caratteristica che appartiene al lavoro di un politico, qualsiasi sia il ruolo che quest’ultimo è chiamato a svolgere. Sia un Sindaco, sia un Ministro, sia il Presidente del Consiglio dei Ministri. Il pasticcio l’ha commesso l’improvvida e largamente insufficiente capacità politica dei 5Stelle che in modo del tutto scriteriato ha offerto la chiave di volta per un passo indietro all’impresa interessata.
Qualcuno cercherà di portare i buoi nella stalla. Temo che sia una operazione quasi impossibile. È evidente che i problemi sono ben più grossi rispetto all’immunità di cui si è fatto un gran parlare. Di fatto è stato veramente un pretesto. Covavano già problemi di natura ben più sostanziale. Per continuare costoro non si accontenterebbero della rimessa in campo dello scudo penale, vorrebbero invece falcidiare quanto meno cinque mila persone. Questo è il problema.
Ma i tonti non si sono resi conto di quale strada di fuga abbiano aperto a chi ormai cercava disperatamente di fuggire dall’impegno preso. La tragedia va imputata a Di Maio che non ha in alcun modo compreso le dinamiche successive. Per questo, come politico, sono costretto a bocciarlo.
Una politica saggia avrebbe invece, dopo un esame attento dei connotati reali di chi si era impegnato nel prosieguo dell’attività tarantina, pianificato con intelligenza e massima scrupolosità un intervento di risanamento ambientale, garantendo la prosecuzione del complesso industriale, e, quindi, guardato con attenzione e al serio problema di salute e nel contempo non avrebbe in alcun modo trascurato l’altro delicatissimo versante dell’occupazione.
Invece, siamo precipitati in un contenzioso giuridico, di cui non sapremo che fine farà e l’uno e l’altro contendente e quando mai si risolverà la contesa. E mentre siamo di fronte al ballo delle carte bollate, dietro le quinte sale violenta la preoccupazione che si spengano gli altiforni dell’acciaieria, facendo ruzzolare in un terribile vuoto le speranze non solo dei pugliesi ma anche di molte realtà italiane collegate al destino dell’ILVA di Taranto.