Pubblichiamo un estratto dell’Intervista, al nostro direttore Lucio D’Ubaldo, che la rivista http://www.condivisionedemocratica.com/ ha diffuso sulle sue pagine a firma di Giorgio Gabrielli
100 anni fa Luigi Sturzo scriveva un “Appello ai liberi e forti”, come ha ricordato nel suo libro: quanto di quell’appello è ancora valido nell’Italia del nuovo millennio? Lo domando anche perché spesso si sente parlare di “difesa delle radici cristiane” con toni propagandistici che hanno poco a che fare con la mitezza e l’accoglienza che professa Papa Francesco.
Sturzo ha strappato i cattolici al loro rifugio minoritario. Li ha resi consapevoli della loro forza organizzativa e del loro potenziale politico-elettorale. Con Sturzo nasce il partito moderno, non solo per i cattolici; nasce il partito di programma, il partito di popolo e non di classe, ben diverso dal semplice “comitato elettorale” o dal “comitato rivoluzionario”; nasce con un impronta riformatrice, senza timori reverenziali verso altre forze – liberali o socialiste – ma con l’ansia di trovare il criterio di utilità generale al fine di mobilitare le migliori energie della nazione, per dare una prospettiva democratica all’Italia uscita vittoriosa e depressa, al tempo stesso, dalla Prima guerra mondiale. Sturzo ebbe il merito di riconoscere per tempo, insieme a pochi altri, la natura eversiva e dittatoriale del fascismo. Fu un alfiere della libertà. Oggi, del suo insegnamento, rimane indelebile il fascino di un partito nuovo, che volle costruito sul paradigma della partecipazione attiva degli aderenti. E rimane altrettanto indelebile il senso della laicità della politica – il Partito popolare si definiva “aconfessionale” – che ai nostri giorni sembra offuscata dallo strumentalismo clericale della destra xenofoba. Salvini, per intenderci, non ha nulla a che vedere con il fondatore del popolarismo. Lo slogan più efficace, almeno per i cattolici democratici, rimane dunque questo: contro il populismo serve riscoprire il popolarismo.