Intervista | Gian Luca Galletti, Presidente UCID: “Scommettiamo sull’economia civile”.

Si apre domani a Sorrento l’Assemblea nazionale dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti (UCID) sul tema “Partecipazione e democrazia nell’impresa. In cammino verso la 50ª edizione delle Settimane Sociali dei cattolici italiani”.

Presidente Galletti, qual è il “valore aggiunto” che caratterizza il mondo delle imprese che si ispirano ai valori dell’umanesimo e della dottrina sociale della Chiesa? Mi permetta una citazione ‘laica’ che credo possa essere assunta a principio ispiratore per tutti: “Agisci in modo da considerare l’umanità sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre come nobile fine, mai come semplice mezzo” (Kant).

Trovo appropriata la citazione di Kant. Troppo a lungo abbiamo considerato il lavoro come un semplice input produttivo, un fattore della produzione al pari di commodities quali carbone e acciaio. L’epoca industriale sia germinata in Europa dall’illuminismo e della rivoluzione scientifica, ma è mancato un apporto realmente umanistico.

È sfuggito di considerare che dietro al lavoro c’è l’uomo e che il lavoro umano ha parte importante nella costruzione della società. La letteratura già additava ciò che ai cantori dell’industria sfuggiva: basta leggere Flora Tristan o Charles Dickens e lascarsi svelare l’altra faccia della prima industrializzazione, a lungo ignorata. Oggi la condizione del lavoro è migliorata molto e tante sono le sfide che vedono imprenditori e lavoratori dalla stessa parte. La dottrina sociale della Chiesa propone da sempre di superare la lotta tra capitale e lavoro, riconoscendo a entrambi pari valore nella costruzione della società, un’alleanza da cui può partire il rinnovamento delle relazioni industriali.

 

Quali sono i temi sui quali l’impegno dell’UCID può esprimere una linea di indirizzo verso un modello inclusivo di solidarietà sociale, ispirato alla umanizzazione del mondo del lavoro che tenga conto delle radici culturali del cattolicesimo sociale?

Innanzitutto, il tema delle competenze: il cambiamento di ciò che ci circonda richiede l’aggiornamento continuo del saper fare e quindi un’attitudine aperta all’apprendimento che fa bene all’organizzazione aziendale e al contempo potenzia l’occupabilità e la qualità del lavoro. Poi c’è il tema del welfare: oggi l’impresa è chiamata ad affiancare i sistemi pubblici per rispondere ai bisogni sociali emergenti. Quante famiglie si trovano schiacciate tra compiti di cura dei figli e compiti di cura degli anziani.

Sono le cosiddette famiglie sandwich, le donne sono particolarmente toccate da questo surmenage e troppo spesso ne fanno le spese trovandosi nella condizione di dover scegliere tra vita professionale e famiglia. In gran parte questi problemi possono trovare risposte, ma serve l’impegno di aziende e politica, insieme. Il rapporto lavoro deve essere il più possibile supportivo, comprendendo servizi di welfare (dall’asilo nido aziendale fino a bonus e convenzioni che allevino le spese di cura) e prevedere una certa flessibilità organizzativa (penso alla banca ore, allo smart working, alle varie formule dei pacchetti-flessibilità).

Quando si parla di umanesimo del lavoro, si tratta di cose molto concrete, quotidiane, che diano il senso dell’alleanza tra la persona che lavora e l’impresa per cui lavora.

Le spinte verso la tecnologia e la digitalizzazione sono parte della deriva verso un nuovo modello sociale ormai assunto come spinta al cambiamento, affinché diventi innovazione e promozione, anche in prospettiva della qualità della vita. Si parla infatti di transizione ecologica. Quale contributo in termini di idee e di concreta fattibilità possiamo aspettarci dall’imprenditoria cattolica?

I cattolici sono tutt’altro che chiusi verso l’innovazione, ma giustamente riflessivi sulle implicazioni della tecnologia. Qui il nostro compito è difendere i valori della democrazia liberale: la tecnologia deve ampliare gli spazi di libertà, non deve divenire potere controllante, ma rimanere una forma operativa controllabile, la cui governance va sottoposta a regolamentazione e democratizzata. L’Europa ha avviato un percorso in questo senso con l’AI Act, vedremo con che margini di efficacia. Ma penso che siamo sulla strada giusta e che come cattolici abbiamo da dire la nostra quando sento parlare padre Benanti, cappuccino e tra i massimi esperti di intelligenza artificiale.

 

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