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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Israele contro tutti: un conflitto ormai a dimensione regionale.

Anche quelli che contestano Netanyahu hanno un medesimo pensiero: “mai più”. Poi sono divisi sul come conseguirlo, questo risultato. L’estrema destra ha intenzione di conseguirlo attraverso l’annientamento di ogni nemico.

Non solo Gaza, non solo Hamas. Gli indizi sulla volontà di Israele di affrontare direttamente pure Hezbollah sono ormai evidenti, al di là dell’iper tecnologica azione posta in atto facendo esplodere i cerca-persone di centinaia di militanti del “partito di Dio” coinvolgendo però in essa moltissime persone, libanesi, che nulla c’entrano con la milizia sciita. Non solo. 

Ci sono pure gli Houthy, il gruppo sunnita yemenita che controlla la parte settentrionale del paese e la capitale Sana’a e che sta rendendo pericoloso il transito navale lungo il Mar Rosso soprattutto se dirette verso Israele: nei giorni scorsi hanno lanciato un missile ipersonico che è esploso in volo dopo aver percorso quasi duemila chilometri e il cui obiettivo era l’aeroporto internazionale di Tel Aviv, lasciando intendere che non sarà l’ultimo.

La tensione in questo quadrante meridionale della crisi mediorientale si è accentuata negli ultimi due mesi, dopo il raid israeliano sul porto yemenita di Hodeida nel quale sono rimasti uccisi sei lavoratori della Yemen Petroleum Company. Un’operazione che ha rischiato di coinvolgere nel conflitto lo stato yemenita, e non solo il gruppo radicale che ne ha in parte il controllo. 

Gli Houthy dopo il 7 ottobre hanno sostenuto la causa di Hamas con ancor maggior convinzione e con un tono nell’insieme molto ancor più aggressivo di quello di Hezbollah, che dell’asse delle “tre H” è certamente il gruppo più potente militarmente. E che ora, col messaggio trasmesso ieri dal leader Nasrallah, ha giurato di vendicare in maniera le vittime dell’attacco israeliano dell’altro giorno, definito una “dichiarazione di guerra”.

È dunque ormai evidente che il pericolo di un allargamento del conflitto da Gaza al Libano e finanche allo Yemen è messo nel conto dal governo israeliano, e forse addirittura ricercato. Come se fosse stata presa la decisione di chiudere i conti una volta per tutte con le milizie terroristiche che per statuto mirano alla distruzione dello stato ebraico. Per parte loro con le proprie azioni gli Houthy – territorialmente non confinanti con Israele – vogliono testimoniare quella che definiscono “unità dei fronti dell’asse della resistenza” a Israele, composta dagli alleati regionali dell’Iran.

Teheran sta dimostrando molta prudenza in questi mesi, ma al tempo medesimo tutti sanno che è il referente diretto – nonché il fornitore militare – dei gruppi armati operanti contro lo stato ebraico. L’allargamento dello scontro in atto da Gaza al Libano e magari pure allo Yemen porrebbe però gli ayatollah nella condizione di dover replicare, e a quel punto sarebbe guerra totale. Che nessuno vuole, soprattutto gli occidentali e gli stati arabi con essi alleati o comunque in buoni rapporti. Ma Israele, al contrario, pare proprio andare in quella direzione, almeno durante questi mesi conclusivi di una presidenza americana ormai debole, incapace di tenere a bada un alleato che fra pochi giorni si troverà a ricordare il primo anniversario della mattanza del 7 ottobre. Rispetto alla quale tutti gli israeliani, anche quelli che contestano Netanyahu, hanno un medesimo pensiero: “mai più”. Poi sono divisi sul come conseguirlo, questo risultato. Ma “mai più” significa “mai più”. L’estrema destra al governo quel risultato ha intenzione di conseguirlo attraverso l’annientamento di ogni nemico. 

La guerra totale è ormai alle porte. L’inquietante silenzio di Teheran in queste ore proietta un’ombra ancor più nera su tutta la regione.