Italia Viva…la Dc: Maria Elena Boschi s’inventa direttrice d’orchestra di un bel confronto politico su Martinazzoli.

 

Si è svolta ieri pomeriggio a Roma, nell’Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari, in via di Campo Marzio, la presentazione del libro di Annachiara Valle “Il cambiamento impossibile. Biografia di uno strano democristiano” (Rubettino), seconda edizione aggiornata di un precedente lavoro dell’autrice a confronto con l’ultimo segretario della Dc e fondatore del nuovo Ppi, Mino Martinazzoli. Al dibattito, coordinato da Marco Damilano, hanno preso parte, oltre a Maria Elena Boschi, Paolo Corsini, Marco Follini, Agazio Loiero e Pierluigi Castagnetti.

 

Ubaldo Alessi

 

Qualcuno può ancora ricordare che Martinazzoli, all’indomani delle elezioni del 1994, stilò un amaro commento sulla vittoria di Berlusconi facendo ricorso alla nota definizione di Piero Gobetti sul fascismo come “biografia morale della nazione”. Il berlusconismo trasponeva nell’Italia in rivolta, spinta a traversare il pelago di Tangentopoli con le zattere della rabbia e della furbizia, il vecchio trasformismo aggressivo che agglutinò le paure e le furie serpeggianti nel ceto medio del primo dopoguerra. Corsi e ricorsi, per dirla con Vico, sempre con il problema di una debole e pur ribelle società civile.

 

Fu intransigente, Martinazzoli, a dispetto dell’indole dorotea del corpaccione di un partito che egli aveva rivoltato come un calzino, spegnendo le insegne di una storia senza più storia, per salvarne la natura profonda di forza democratica e popolare. Dunque, il popolarismo che rinasce sulle ceneri della Dc implica l’affidamento a un motivo d’intransigenza. Qui sta l’originalità, in sintesi, della costruzione politica martinazzoliana: occupa il centro non per istinto di equilibrismo, ma per promozione di valori e di scelte, senza  introflessioni di quieto vivere.

 

È questo il centro che oggi manca, perciò torna d’attualità la “formula Martinazzoli”. Difficile credere che alligni laddove si celebra, quotidianamente, la gloria posticcia del pragmatismo. Sta di fatto, però, che il radical-progressismo del Pd genera un bisogno di “nuovo centro”; bisogno, cioè, d’dentità riformatrice che non dipenda da altri, bensì interagisca con altri, secondo lo spirito degasperiano delle alleanze. Quel che ieri s’è detto, nell’Aula dei Gruppi parlamentari, rappresenta l’indizio di un cambiamento. Va dato atto a Maria Elena Boschi di aver saputo avviare una riflessione, in sostanza sui “miti fondativi” del centro, di cui si avvertiva la necessità e l’urgenza.

 

 

Dalla sinossi del libro

 

«In questo libro si ritrova nella sua interezza una figura singolare e rilevante di protagonista della vita pubblica italiana e, insieme, una rappresentazione genuina, coraggiosa, non scontata, di due decenni cruciali, quelli nei quali si avviò a conclusione e si chiuse una intera fase storica dell’Italia repubblicana». Così, il 4 ottobre 2011, Giorgio Napolitano scriveva sulle pagine del Corriere della sera.

 

Un mese dopo la scomparsa di Mino Martinazzoli l’allora presidente della Repubblica tratteggiava, attraverso le parole della prima edizione di questo volume, la figura dell’uomo che cercò di salvare la storia della Democrazia cristiana insieme con una concezione della politica a servizio del bene comune e dello sviluppo del Paese. Il rapporto con Aldo Moro, lo scandalo Lockheed, il giallo di Ustica e la morte di Sindona. Il maxi processo alla mafia e i rapporti con Giovanni Falcone, la contestazione della legge Mammì sugli assetti radiotelevisivi culminate nelle dimissioni di cinque ministri compresi Martinazzoli e Sergio Mattarella, la fine della Dc, i rapporti con la Lega e con Berlusconi.

 

A dieci anni dalla sua morte riproponiamo, arricchite dalle testimonianze dei politici di ieri e di oggi e dalle sue stesse parole che la prima stesura non aveva incluso, i ricordi di un politico atipico che tentò di cambiare le sorti del nostro Paese e la degenerazione di una politica sempre più asservita al culto della personalità. Con la sua ironia, a tratti irriverente, Martinazzoli disegna l’Italia che fu, che è e che forse sarà. Il quadro complesso di una Repubblica sempre in bilico fra ascesi e dannazione.