Roma, 5 mag. (askanews) – Su una cosa, almeno, sembrano essere tutti d’accordo. Un testo vero e proprio non c’è e, per ora, a dominare il dibattito sono solo le indiscrezioni. Ma d’altra parte, da sempre, di legge elettorale si comincia a parlare ben prima che il cantiere apra effettivamente, anche per vedere l’effetto che fa e cominciare a soppesare le reazioni non solo nel campo altrui ma anche con i propri alleati. Ed è esattamente il meccanismo innescato da Fratelli d’Italia dopo che sono filtrate le prime ipotesi di modifica del sistema di voto per le Politiche: proporzionale, premio di maggioranza da assegnare al superamento di una soglia di circa il 40-42%, indicazione del candidato premier sulla scheda.
“Il sistema che mi convince di più, con i dovuti accorgimenti, è quello in vigore per le Regioni” ma “parlare di tempi per la nuova legge elettorale ora è prematuro, siamo allo scambio di opinioni”, spiega il presidente meloniano della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, secondo il quale però “anche da esponenti della sinistra che c’è un interesse sempre più ampio sull’indicazione del candidato premier sulla scheda elettorale”.
Ma dalle opposizioni, al momento, ciò che emerge è soprattutto la necessità di allontanare le voci di abboccamenti di qualsiasi tipo. “Non c’è stato alcun contatto”, dice secca la segretaria del Pd, Elly Schlein. Così come il leader del M5s, Giuseppe Conte, assicura che “non c’è nessuna proposta” e “quindi quando sarà e se ci sarà questa disponibilità noi valuteremo”. Mentre Angelo Bonelli di Avs si dice sicuro che quello della premier sia solo un modo per distogliere l’attenzione. A suo giudizio, infatti “questa accelerazione” indica forse “che ha problemi anche nella sua maggioranza e vuole evitare che questi probabilmente si evidenzino”. Per le opposizioni, visto soprattutto l’alto tasso di competizione tra dem e pentastellati, l’ipotesi di indicare un candidato premier comune al momento sembra obiettivo assai complicato.
Da Fratelli d’Italia, tuttavia, si insiste nel dire che la finalità non è mettere in difficoltà gli altri quanto approntare un sistema di voto che – come Giorgia Meloni ha sempre ribadito – consenta governabilità e chiarezza rispetto agli elettori. “Per noi la legge elettorale deve essere coerente con l’impianto del premierato”, assicura il responsabile del Programma Francesco Filini. La cosiddetta madre di tutte le riforme, tuttavia, a quasi un anno dal primo via libera del Senato, è ferma al palo in commissione alla Camera e, secondo molti osservatori, difficilmente potrà essere approvata da Montecitorio – peraltro con modifiche – prima di settembre.
Le indiscrezioni trapelate, d’altra parte, hanno finora lasciato tiepidi anche gli alleati del centrodestra, sebbene nella coalizione piaccia l’idea di massima di un sistema come quello delle Regioni. La reazione della Lega, che continua ad avere come sua priorità quella dell’Autonomia, è un eloquente silenzio. Al partito di Matteo Salvini non piace affatto l’idea di un proporzionale puro con abolizione dei collegi uninominali che, anche nell’ultima tornata, gli ha consentito di fare il pieno al Nord anche al di sopra dell’effettivo peso elettorale. “Ma questo effetto sarebbe compensato dal premio di maggioranza”, assicurano i meloniani.
Da Forza Italia, si sottolinea che “il proporzionale con premio di maggioranza sulla base del modello delle Regioni potrebbe essere una opzione percorribile”. Ma l’invito è quello a non fare “fughe in avanti” e a procedere in “sintonia e unità di intenti con gli alleati”. Monito che, viene spiegato, non si riferisce solo ad aspetti tecnici della proposta: da tempo infatti la ministra azzurra delle Riforme, Elisabetta Casellati, dice di aver cominciato a lavorare a una ipotesi di legge elettorale da abbinare al premierato che, tuttavia, al momento sembra completamente scavalcata dalle mosse di Fdi.