La battaglia per il No va oltre il quesito referendario

Questo tempo ci chiede di più.

Nell’omelia al Meeting di Rimini il card. Bassetti ha ricordato che «oggi più che mai è richiesta ai cristiani la forza di scrutare i segni dei tempi e di dire parole profetiche, con le labbra e, contemporaneamente, con la testimonianza di vita». Se, come cattolici impegnati in politica aspettiamo di ricevere il permesso per elaborare un progetto che tenti di superare le contraddizioni che si manifestano nel nostro presente, non saremo certo il lievito del mondo né, temo, potremo più dare alcun contributo significativo al Paese.
Se i cattolici degli Anni Trenta avessero atteso dal cinegiornale o dall’allora fascistissimo Corriere, dei segnali per potersi attivare non avrebbero potuto esercitare il ruolo che hanno avuto nella nascita della Repubblica e nel dopoguerra.
Credo che non ci si possa accontentare del fatto che la critica alla deriva austeritaria dell’Europa, esercitata anche fra i cattolici democratici in tutti gli Anni Dieci (che spesso venivano sommariamente liquidati come cripto-euroscettici quando invece esprimevano con lungimiranza una linea atta a prevenire e limitare i populismi e a rafforzare l’integrazione europea) sia stata ora sdoganata e addirittura fatta propria da Gentiloni o da Draghi.
Questo tempo ci chiede di più. Mentre ci stiamo mobilitando nei comitati per il No, per sventare un nuovo attacco alla rappresentanza politica e un ulteriore stravolgimento della Costituzione, non meno deleterio di quello tentato da Renzi e dalla Boschi nel 2016, costituito dal referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, non ci si può dimenticare del fatto che si è giunti a un punto di svolta per quel che riguarda l’ordine e l’equilibrio mondiale. È auspicabile che si colga l’occasione di questa campagna elettorale per domandarci cosa ne sarà dell’istituto parlamentare qualora le spinte in corso verso un modello autoritario dovessero prendere il sopravvento.
Tale modello presenta almeno tre principali aspetti. Il transumanesimo, il tentativo di ridurre le masse ad automi a servizio delle élites, attraverso l’uso delle tecnologie.
Il neofeudalesimo, lo sterminio della classe media, il lasciare che la stragrande maggioranza della popolazione anche in Occidente ripiombi in uno stato di endemica precarietà e necessità in modo da esser più agevolmente sfruttata. A ben vedere lo sproporzionato allarmismo verso il coronavirus e i protocolli sbagliati dati per la cura del virus, che la inqualificabile Oms ha diffuso, trascinando, nella fase iniziale, scientemente i sistemi sanitari nazionali di mezzo mondo nel caos, hanno contribuito a dare un’altra picconata enorme alla classe media. Le restrizioni e l’incertezza, prolungati ben oltre ogni limite di buon senso, hanno finito per far fallire altri segmenti di classe media, mentre gli speculatori hanno tratto ulteriori vantaggi dalla conseguente recessione; molti piccoli sono stati schiacciati col pretesto dell’emergenza sanitaria per salvare i soliti pochi grandi, che temono come la peste l’aumento dei tassi d’interesse, dal quale aumento sono stati salvati dal “provvidenziale” arrivo del virus. Questo azzardo sta creando una depressione globale da cui sarà estremamente difficile uscire in modo incruento.
Il terzo aspetto su cui si basa l’attuale svolta autoritaria è quello della sorveglianza oltre le normali necessità. Se il gruppo di potere attorno a Bill Gates (che non è tanto il mago dei computer quanto il consulente, da tre generazioni, dei Rockefeller per l’eugenetica e la riduzione della popolazione) riuscirà, come spera, a far vaccinare buona parte della popolazione mondiale con la scusa del covid 19, inoculando un “vaccino” che produce, per la prima volta usato sugli esseri umani, modifiche genetiche nel recettore e che imprime un inchiostro digitale leggibile da appositi dispositivi, un passo enorme sarà compiuto verso un regime mai conosciuto prima nella storia dell’umanità. Tutto di tutti sarà spiato e controllato, sempre e in ogni istante (stato di salute, spostamenti, incontri, transazioni economiche, ecc.).
Mi paiono osservazioni sufficienti, seppur molto sommarie, per poter dire che la difesa del numero dei componenti delle Camere ha un senso, se si ha la capacità di orientare il dibattito sui fattori che stanno determinando lo svuotamento del ruolo dei parlamenti.
E più in generale lo scrutare i segni dei tempi in questa epoca significa capire i rischi dell’avvento di un modello totalitario reso possibile dalle nuove tecnologie al cui confronto la cittadinanza a punti cinese parrà una vetta di democrazia. Allorquando un apparato, se va bene pubblico o addirittura privato, può disporre tutto con un click, e ti sanziona o ti esclude in tempo reale in base ai tuoi movimenti, alle relazioni, all’uso del denaro, alle opinioni che esprimi, la dittatura è già instaurata anche se formalmente si eleggono ancora i rappresentanti del popolo. Contro questi pericoli dobbiamo saper utilizzare le armi che ci vengono dall’umanesimo cristiano e dal personalismo, la nostra tradizione popolare che sa che senza coinvolgimento e sviluppo della classe media non può esservi vera democrazia, e il ricordo e l’assoluta certezza, soprattutto per ragioni ontologiche e metafisiche, ma anche storiche, che i progetti totalitari sono destinati al fallimento. Ma in ogni epoca occorre saper intervenire per prevenirli o almeno per ridurre i disastri che possono provocare.