Viviamo in un’epoca segnata da contraddizioni profonde: progresso tecnologico senza precedenti e smarrimento esistenziale, connessioni digitali globali e solitudini urbane, crescita delle ricchezze aggregate e ampliamento delle disuguaglianze.
In questo scenario, il Simposio “Bene Comune e Futuro: verso una società umanizzata” (Campidoglio, Sala Laudato Si’, 24 novembre 2025) intende essere un faro: un tempo di ascolto e di confronto, per riportare al centro la persona, la comunità e la pace.
Il filo conduttore sarà la lectio magistralis “Bene Comune, Pace e Tensione verso l’Assoluto”, che offrirà un’occasione di meditazione sulla dignità umana e sulla necessità di guardare oltre l’immediato per recuperare speranza e orizzonti condivisi.
La bussola del bene comune
Il bene comune non è un concetto nuovo, ma un principio che attraversa secoli di pensiero: dalla filosofia antica alla scolastica di Tommaso d’Aquino, fino a diventare cardine costituzionale. Non si tratta della semplice somma dei beni individuali, ma di quella qualità relazionale che consente a ciascuno di realizzarsi insieme agli altri.
È una visione che rifiuta tanto l’individualismo esasperato quanto l’omologazione collettivistica, e invita a costruire comunità fondate su giustizia, solidarietà e responsabilità reciproca. Proprio da questa ispirazione nasce l’esperienza di FareRete InnovAzione BeneComune APS, che intende fare della rete non un fine, ma un metodo per generare bene comune.
Un nuovo umanesimo civile
Ma che senso ha parlare oggi di bene comune in tempi segnati da guerre, crisi ambientali, pandemie e nuove disuguaglianze? La risposta non è evasione, ma tensione verso l’Assoluto: una condizione necessaria per riscoprire la dignità e la sacralità della vita. Non c’è bene comune senza pace: essa è diritto inalienabile e insieme dovere collettivo, costruzione quotidiana che richiede istituzioni giuste e rapporti equi.
La crisi attuale nasce anche dallo smarrimento culturale che ha spezzato l’equilibrio tra individuo e comunità. L’umanesimo civile del Rinascimento aveva posto la libertà personale al servizio della città; oggi la logica del consumo e del profitto riduce il cittadino a spettatore, la persona a cliente, la comunità a mercato. Da qui l’alienazione e le nuove fragilità sociali.
Occorre rigenerare un umanesimo civile 5.0, capace di integrare libertà, solidarietà, responsabilità e partecipazione. Le tecnologie vanno ripensate non come strumenti di dominio, ma come alleati per costruire inclusione e benessere.
Salute e innovazione al servizio della persona
La salute rappresenta uno dei terreni più concreti su cui si misura il bene comune. Non è mera assenza di malattia, ma benessere integrale, fisico, psichico e sociale. Non può essere trattata come merce, ma deve essere garantita a tutti.
La prevenzione, l’educazione alla salute e la telemedicina – come ha sottolineato Giuseppe Assogna – possono liberare risorse e rendere più sostenibile il Servizio Sanitario Nazionale. Ma nessuna innovazione sostituisce l’incontro umano, fondato sull’empatia e sulla fiducia. La dignità del paziente resta la misura di ogni buona pratica.
Radici antiche, orizzonti nuovi
Ogni epoca ha bisogno di un’idea capace di orientare il cammino. Oggi quell’idea non può che essere un cambio di modello di sviluppo: non semplici correttivi, ma una svolta che metta la vita e la comunità al centro. È un orizzonte che affonda le radici nella saggezza delle comunità e nella tradizione cristiana dei primi secoli, e che possiamo esprimere con parole nuove: vita che genera vita.
Il Simposio coincide con il Decennale di FareRete InnovAzione BeneComune APS e con la seconda edizione del Premio “Michele Corsaro”, dedicato al tema “Benessere, Prevenzione, Salute”. È un segno concreto che il bene comune non è utopia, ma azione: valorizzare progetti che innovano con etica, che rafforzano reti sociali e che migliorano la vita delle persone.
Tessere speranza
Parlare di bene comune significa parlare delle nostre vite intrecciate, della possibilità di costruire comunità più giuste, della speranza che i tempi bui non abbiano l’ultima parola.
Il 24 novembre non sarà soltanto un evento, ma un appello: a rimettere la persona al centro della politica, dell’economia e della sanità; a coniugare innovazione e umanità, scienza e coscienza, tecnologia e compassione.
In fondo, la vita fiorisce solo se condivisa, e la comunità cresce solo se non lascia indietro nessuno.