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La Corte costituzionale: i trattenimenti dei migranti nei Cpr non rispettano la legge sulla libertà personale



Roma, 3 lug. (askanews) – La disciplina vigente in materia di trattenimento dei migranti nei Centri di permanenza per rimpatri non rispetta la riserva di legge in materia di libertà personale ma spetta al legislatore integrarla. Lo ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza numero 96, depositata oggi.

Le questioni di costituzionalità, su cui si è pronunciata la Consulta, erano state sollevate dal Giudice di pace di Roma, chiamato a convalidare provvedimenti di trattenimento di stranieri in un centro di permanenza per i rimpatri (Cpr). Il rimettente aveva denunciato che il trattenimento si svolge secondo modalità e procedimenti non disciplinati da una normativa di rango primario, in violazione della riserva assoluta di legge prevista dall’articolo 13, secondo comma, della Costituzione; aveva inoltre lamentato l’omessa previsione di standard minimi di tutela giurisdizionale, con disparità di trattamento rispetto ai detenuti in carcere, che usufruiscono delle garanzie dell’ordinamento penitenziario.

La Corte ha riaffermato che il trattenimento nei CPR implica un “assoggettamento fisico all’altrui potere”, incidente sulla libertà personale. La sentenza ha quindi ritenuto sussistente il vulnus denunciato con riguardo alla riserva assoluta di legge, in quanto la disposizione censurata reca una normativa del tutto inidonea a definire, con sufficiente precisione, quali siano i “modi” della restrizione, ovvero quali siano i diritti delle persone trattenute nel periodo – che potrebbe anche essere non breve – in cui sono private della libertà personale, disciplina rimessa, quasi per intero, a norme regolamentari e a provvedimenti amministrativi discrezionali. Le questioni sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione sono state, tuttavia, dichiarate inammissibili, avendo la Corte evidenziato che non è ad essa consentito porre rimedio al riscontrato difetto, ricadendo sul legislatore il dovere ineludibile di introdurre una normativa compiuta, la quale assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona trattenuta.

A sua volta – si legge ancora nella nota della Consulta -, la questione riferita agli articoli 2, 3, 10, secondo comma, 24, 25, primo comma, 32 e 111, primo comma, della Costituzione è stata dichiarata inammissibile per incompleta ricostruzione del quadro normativo, riguardo all’operatività, a tutela dei diritti della persona trattenuta, oltre che dello strumento risarcitorio generale di cui all’articolo 2043 del codice civile, altresì del rimedio di cui all’articolo 700 del codice di procedura civile. Il ricorso alla tutela preventiva cautelare assicurata dall’articolo 700 del codice di procedura civile ben può, infatti, giustificarsi contro le violazioni o le limitazioni dei diritti fondamentali, subite da chi sia trattenuto presso un Cpr, non oggetto di puntuale disciplina da parte del testo unico dell’immigrazione.