La deriva dell’Europa tedesca

Se non si aprono gli occhi di fronte a questa deriva, scabra quanto si vuole ma cruciale, le discussioni intorno al centro, al ruolo dei cattolici in politica, al rilancio del Paese si svolgeranno in un clima di illusione

L’archiviazione del progetto del Partito Democratico come partito plurale e a vocazione maggioritaria, sancita dall’elezione di Nicola Zingaretti alla segreteria, non può essere senza conseguenze per quell’area di centro che comprende anche settori significativi del  cristianesimo sociale, e che in quel progetto aveva creduto. La metamorfosi del PD, col ritorno alla “ditta” PCI-PDS-DS, come ricorda instancabilmente Giorgio Merlo, richiede una ridefinizione della strategia e delle forme organizzative di quei soggetti politici che si candidano a dare ruolo politico alle istanze dei ceti popolari e lavoratori, a quella classe media in via di impoverimento, da cui dipendono le sorti della democrazia rappresentativa, ed il cui consenso è passato in gran parte ai partiti “populisti”.

Escluso che possa trattarsi di una mera operazione politicista, dove si invertono gli addendi per ottenere sempre la stessa somma, la stessa politica sconfitta nelle elezioni del 2018, allora la strada obbligata per definire i contorni di questa nuova iniziativa politica non può essere che quella del progetto e della cultura politica, come ha spiegato magistralmente Guido Bodratonella sua recente intervista. Altrettanto illuminanti sono i giudizi formulati da Alessandro Risso e Carlo Baviera. Il primo evidenzia il contrasto che intercorre tra popolarismo e moderatismo, mentre il secondo indica l’obiettivo irrinunciabile di un programma di cambiamento.

Si possono ancora raccogliere le suddette qualità nella definizione degasperiana del “centro che guarda a sinistra”? Forse, ma tenendo presente che la situazione è radicalmente cambiata rispetto al passato e nel secolo corrente la sinistra, non solo in Italia, si è trasformata, sulle questioni fondamentali, in una variante libertaria del neoliberismo, mutamento genetico che ha pagato con la perdita del consenso tra i ceti lavoratori.

Si avverte piuttosto la necessità di un soggetto politico che guardi al popolo, senza per questo contaminarsi con la destra o con i movimenti populisti, anzi, al contrario, per sottrarre loro consensi che la sinistra storica non è in più grado di intercettare. Ma per raggiungere questo obiettivo, e non essere solo velleitari, e per creare le condizioni che rendono possibile l’attuazione di un programma ispirato alla solidarietà e alla giustizia sociale, ai principi della Costituzione, a ridare un po’ di ossigeno e di importanza politica alla classe media, vanno messi in discussione l’austerità, il feticcio del pareggio di bilancio e la fobia dell’inflazione, vale a dire alcuni degli elementi fondanti dei trattati di Maastricht e di una moneta comune ritagliata su misura dell’interesse nazionale tedesco e della finanza speculativa transnazionale.

In questa direzione, a mio avviso, andrebbero convogliate le molte energie presenti nel cattolicesimo sociale e politico, impegnandosi a definire un progetto di rilancio e di rinascita del Paese, da troppo tempo lacerato e impoverito da politiche economiche intrinsecamente sbagliate. Ciò che forgia l’organizzazione e il programma di un soggetto politico sono le necessità del momento storico. La condizione in cui versa il Paese, ci richiede di contribuire alla definizione di un patto di salvezza nazionale nel quale si fissino le due condizioni irrinunciabili da far valere già in sede di discussione della prossima finanziaria 2020 per la permanenza dell’Italia nell’Eurozona: un rapporto deficit/PIL elevato almeno al 3%, non per nuove mance elettorali dei governanti di turno, bensì in funzione di rigorosi obiettivi di sviluppo, di un grande piano per il lavoro e il rilancio economico-industriale del Paese. L’altra condizione irrinunciabile è un intervento della BCE volto a ridurre in maniera sensibile il peso degli interessi sul nostro debito pubblico, in modo da reperire risorse aggiuntive per lo sviluppo.

Nella suddetta prospettiva diventa decisiva la discussione su quello che Bodrato ha definito la mortificazione della lezione degasperiana sull’integrazione economica e politica dell’Europa. E qui entra in gioco, prepotentemente la geopolitica. Trovo più plausibile attribuire al riemergere delle tradizionali mire geopolitiche tedesche le cause della messa in disparte della visione degasperiana sull’Europa, anziché attribuirli ai populismi i quali semmai ne sono l’effetto. I padri fondatori dell’Europa avevano ben presente, con le ferite ancora aperte della guerra, che solo un di più di politica avrebbe potuto sopperire alle naturali asperità della geopolitica, da cui sono divisi i popoli europei. Ma quel tanto di politica che aveva messo le ali al progetto europeo, si è inaspettatamente dissolto all’atto della riunificazione tedesca, generosamente concessale dai suoi alleati. Tutti si attendevano l’avvento di una Germania finalmente europea, invece si è avuta, e abbiamo, un’Europa tedesca, votata, senza sostanziali correttivi, ad una nuova grande tragedia, per il momento sociale ed economica, ma in un tempo non lontano, democratica e forse bellica.

Se non si aprono gli occhi di fronte a questa deriva, scabra quanto si vuole ma cruciale, le discussioni intorno al centro, al ruolo dei cattolici in politica, al rilancio del Paese si svolgeranno in un clima di illusione simile a quello che ottant’anni fa costò carissimo all’Italia. L’illusione che non vi fosse allora, e non vi sia oggi, altro destino per l’Italia di stare sempre e comunque dalla parte della Germania, accettandone l’egemonia. La Germania, oggi più che allora, è una tigre di carta, geopoliticamente parlando con un destino, per dirla con Carl Schmitt, da “topi di terra”, sicuramente perdente nei nuovi equilibri di potenza del XXI secolo, ma capace, ancora una volta, di trascinare i suoi alleati e l’Europa intera nel baratro.

Dunque, ben venga l’otre nuova di un soggetto politico nel quale concretizzare gli ideali di una grande tradizione politica come quella del cattolicesimo politico e del popolarismo, a condizione che accolga il vino nuovo di una progettualità politica attenta alle inedite sfide del nostro tempo.

(Fonte Associazione Popolari)