Un vero e proprio appello il nostro vescovo papa Francesco ha lanciato durante l’Assemblea Diocesana della scorsa settimana: “vorrei chiedervi questo: valorizzate di più, nella pastorale ordinaria e nella catechesi, il pensiero sociale della Chiesa. É importante, è importante infatti, formare le coscienze alla dottrina sociale della Chiesa, perché il Vangelo sia tradotto nelle diverse situazioni di oggi e ci renda testimoni di giustizia, di pace, di fraternità”.
L’espressione “dottrina sociale della Chiesa” indica il «corpus» dottrinale riguardante tematiche di rilevanza sociale, a partire dall’enciclica «Rerum novarum», ossia i documenti del Concilio, il magistero dei pontefici e quello episcopale dal 1891 in poi .
Il Magistero Sociale della Chiesa fondato sullo Spirito delle Beatitudini ci sollecita a ribaltare le logiche che tendono a lasciarci distanti dalla politica, dalla economia, dalla gestione dei conflitti, per essere testimoni veri e credibili di “cieli nuovi e terra nuova”. L’intima connessione tra temi sociali e esperienza di fede non è una visione moderna di una fede che si adatta ai bisogni dei tempi, ma è da sempre frutto del mistero dell’Incarnazione che non ha rifiutato la storia ma ci si è immerso per trasformarla. Noi non possiamo cambiare la storia, ma sempre la possiamo trasfigurare. Forte di queste radici, la dottrina sociale della Chiesa può orientate percorsi di giustizia e di dignità per ogni uomo, e per ogni popolo.
Il punto di partenza è una esigente necessità di conversione. Proporre nuovi modelli di società, ci coinvolge solo per il fatto che in queste società ci siamo come cristiani e in parte anche le determiniamo. Il percorso di conversione globale passa inevitabilmente attraverso cammini personali, nelle nostre scelte quotidiane.
La libertà religiosa, l’economia come servizio e non come prevaricazione, la giustizia sociale che garantisce equità, la pace come vocazione per il mondo intero, la dignità di ogni vita, la cura della nostra “casa comune”, la questione migratoria, la sfida della innovazione tecnologica, la difesa di una cultura e di un’etica della democrazia, sono binari che la dottrina sociale della Chiesa indica, ed entro i quali misuriamo la nostra identità di cittadini e di credenti.
La dimensione politica è lo spazio nel quale verifichiamo l’efficacia della lettura dei segni dei tempi offerta dal magistero sociale della Chiesa. La convinzione è che occorre creare una realtà sociale alimentata da una visione spirituale che passa anche attraverso la capacità di far diventare le nostre proposte istanze politiche su cui confrontarsi. Non si tratta, nonostante tutto, di essere buoni; si tratta di annunciare il Regno: “Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. La vita eterna oggi appare lontana dalle preoccupazioni di molti giovani contemporanei, poiché, i beni temporali, da strumenti, sono stati trasformati in fini e così ci illudiamo di aver riempito completamente l’orizzonte della nostra esistenza. Ma la domanda sulla “vita eterna” ritorna prepotente quando il sole inesorabilmente tramonta.
Siamo infatti in un tempo della storia di non facile definizione; siamo in guerra; milioni muoiono ancora di fame; siamo un po’ spaesati, e la complessità delle situazioni non di rado assume la forma del turbamento. La tecnica si è fatta regina, non sappiamo più comunicare fra generazioni, viviamo una transizione che pare infinita e siamo quasi costretti ad ancorare le nostre speranze al passato; il presente poi è un tempo in gran parte senza preghiera, e abbiamo paura del futuro. Abbiamo urgente bisogno del pensiero sociale della Chiesa, oggi quando sono deboli non solo i saperi, ma anche i maestri e gli alunni. Dobbiamo uscire fuori dalle sagrestie e dai palazzi, per incontrare l’uomo e aspettare che lo sposo venga. Perché lo sposo viene proprio nell’incontro con l’uomo.
Francesco Pesce, Direttore dell’ufficio pastorale sociale, del lavoro e della custodia del creato della diocesi di Roma.