L’episodio fu raccontato in una delle prime biografie del più longevo uomo di governo della DC (Ruggero Orfei, Andreotti, Feltrinelli, 1975). Così scriveva l’autore: “Per Andreotti la guerra totale, coinvolgendo tutti, civili e militari, era immorale. La censura scatenò nella FUCI un processo di analisi della guerra. Su questo tema fu convocato il consiglio superiore e al problema “Vita universitaria e guerra” fu dedicata la giornata fucina”. Riportiamo di seguito il breve stralcio (pp. 8-9) del libro.

Segretario nazionale della FUCI era allora Aldo Moro. La FUCI era la piccola casa di un gruppo di persone che accompagneranno gli italiani dal dopoguerra sino a oggi. Contrariamente all’Azione Cattolica, sdraiata sulla linea del regime, la FUCI, ispirata da Moro, manteneva un certo distacco, si preparava “per il dopo”. Attivissimo redattore di

“Azione fucina”, Andreotti, nel 1941, in piena guerra, si laureava in giurisprudenza all’età di 22 anni (era nato il 14 gennaio 1919). E fu proprio “Azione fucina” a dare notizia dell’evento. “Giulio Andreotti dottore, diceva la divertente epigrafe.

Il 10 novembre Giulio Andreotti presso la R. Università si è laureato a pieni voti (110/110) discutendo la tesi in diritto canonico sul tema: “Il fine delle pene ecclesiastiche e la personalità del delinquente nel Diritto della Chiesa”. L’esito brillante dei suoi studi universitari dice di per se stesso con quanto sapiente amore egli abbia saputo abbinare fin qui i doveri di studioso alla vocazione di dirigente della FUCI e di giornalista; tanto piú meritoria l’una cosa e l’altra e tanto piú cordiali e affettuosi sono per questo le nostre congratulazioni e nostri auguri per il cammino che egli ora è chiamato a percorrere.

Nel febbraio del 1942 Giulio Andreotti succedeva ad Aldo Moro, impedito dalla guerra, alla presidenza nazionale della FUCI. Da qui comincia l’invecchiamento precoce di questo giovane che a 23 anni si trova al vertice della organizzazione degli universitari cattolici e inizia, in parallelo, a tenere profondi contatti con i vecchi popolari nel salotto di casa Spataro, in via Cola di Rienzo. Sono personaggi tutti attempati che non esprimono solo giudizi sul fascismo, considerato oramai esperienza quasi finita, ma anticipano previsioni sull’intero ordine del mondo, come

uscirà dalla guerra, analizzano passo per passo la strategia dei grandi imperi e dei grandi sistemi strategici. Cose enormi per un giovane. 

Il nuovo presidente della FUCI aveva tanti problemi da affrontare. Il richiamo sotto le armi di tanti fucini stava disperdendo il movimento. In piú occorreva spiegare ai giovani il modo di essere cristiani sotto le armi. Andreotti ci provò con un articolo su “Azione fucina” intitolato Della guerra. Il breve saggio fu censurato dal Comando Supremo, Ufficio controllo notizie militari (una emanazione del Minculpop). La nota del Comando specificava: “Si segnala particolarmente alla censura politica”. Andreotti, nell’articolo, si era scagliato contro una nota di Pietro Piovani sulla Moralità della guerra totale, uscita su “Libro e moschetto” e ripresa da “Critica fascista”. 

Per Andreotti la guerra totale, coinvolgendo tutti, civili e militari, era immorale. La censura scatenò nella FUCI un processo di analisi della guerra. Su questo tema fu convocato il consiglio superiore e al problema “Vita universitaria e guerra” fu dedicata la giornata fucina. Preoccupato anche dei piccoli problemi religiosi dei soldati, Andreotti, in aprile, per mezzo di monsignor Giovanni Battista Montini, allora sostituto della segreteria di stato vaticana e già assistente ecclesiastico della FUCI, inoltrò a Pio XII la richiesta della concessione ai soldati della facoltà di poter ricevere la comunione a qualsiasi ora del giorno, con solo quattro ore di digiuno. 

Preoccupato della necessità di una riforma universitaria, il 25 agosto 1942 pubblicò un editoriale su “Azione fucina” per sollecitarla, accennando al tempo pieno dei professori. Votato a una visione cristiano-assistenziale della vita (preludio alla gigantesca macchina per raccomandazioni che metterà in moto in seguito), Andreotti, nell’ottobre del 1942, scrisse a don Moreschi, assistente dei fucini romani, per raccomandargli la pubblicazione sull'”Osservatore romano” di una lunga recensione del libro del generale Alfredo Bucciante, Legislazione dell’assistenza ai militari minorati

Non mancarono in quel tempo anche speculazioni di sociologia cristiana. Dalla lettura odierna di “Azione fucina” un elemento balza immediato: vi si apre un discorso sull’ordine migliore e sul nuovo ordine che è una promessa ai cristiani, ma anche una promessa di lavoro politico. Già si intravede un orientamento di fondo centrista, moderato, interclassista. Le occasioni sono diverse: una polemica col corporativista fascista Costanzo, un commento al discorso natalizio di papa Eugenio Pacelli. Ma è palese la consapevolezza di assumere un ruolo strettamente legato alla specializzazione universitaria (in funzione della formazione della classe dirigente) di questo ramo dell’Azione Cattolica. 

Nel 1943 tutti questi temi e problemi, con la crisi del regime, tornarono a porsi con prorompente attualità. Andreotti però rivelò un atteggiamento equilibrato di fronte alla domanda: “Voi cattolici cosa farete, cosa direte?”. Nel numero di “Azione fucina”, uscito appena dopo il 25 luglio, la sua cautela fu espressa senza reticenze, in un editoriale dal titolo Possibilità di un ordine nuovo. Nel breve saggio la soddisfazione per il colpo di stato era mitigata dalla notazione che la libertà fosse stata concessa in modo negativo, soltanto con la rimozione di un privilegio. Comunque, per la prima volta, Andreotti aveva affrontato il problema del ricambio della classe dirigente.