La linea Schlein produce sconfitte anche laddove si potrebbe vincere.

La Liguria squaderna lo “scandalo” di un centro dematerializzato. Il problema è se l’Italia possa sopportare a lungo un’assenza che denuncia, per molti aspetti, la permanente devastazione di un progetto politico.

Quattro anni fa lo scarto tra i due contendenti fu di ben 17 punti. In modo trionfale, l’uscente Giovanni Toti era perciò riconfermato alla guida della Liguria. Stavolta la destra vince, malgrado l’indagine dei magistrati che ha travolto la Giunta Toti; e però vince con uno scarto minimo, essendo di appena un punto e mezzo, circa 9000 voti, il divario tra Bucci e Orlando. Allora, tutto si può dire meno che sia un trionfo, specie in considerazione dell’alto tasso di astensione (dieci punti in più rispetto al 2020). Per giunta avviene che Bucci strappi la vittoria ovunque, ma non a Genova, la sua città, dove accusa un distacco di circa 8 punti da Orlando. Questa la fotografia, a grandi linee, che i risultati elettorali di ieri consegnano all’attenzione delle forze politiche  

Il centro-sinistra si è mangiato in un mese il vantaggio cospicuo – un dieci per cento tondo tondo – che i sondaggi scodellavano nel bel mezzo della bufera mediatico-giudiziaria. In verità è la linea politica della Schlein, con l’incancellabile suo accento tardo-gruppettaro, a rendere insicuro per i riformisti il terreno della coalizione. Così facendo il Pd guadagna a spese del M5S e il centro-sinistra perde sul versante moderato: fatta la somma algebrica, si arriva inevitabilmente alla sconfitta.

Per parte sua, a caldo, Orlando è stato molto sobrio. Il risultato “era a portata di mano” – ha commentato – ma la candidatura ha pagato lo scotto di “qualche difficoltà del cosiddetto campo largo che si è ripercossa anche sulla nostra realtà: i numeri sono indicativi”. A suo giudizio, il prossimo passo dovrebbe essere “costruire un centrosinistra stabile a livello nazionale” perché “ci sono le condizioni per proseguire una battaglia e per realizzare nelle prossime elezioni amministrative ciò che non è riuscito in questa battaglia regionale”.

Più duro è stato Matteo Renzi. Questa, pressoché per intero, la sua dichiarazione: “Saluto la battaglia di Andrea Orlando: ha combattuto una partita equilibrata e ha perso per un pugno di voti… ha perso soprattutto chi concepisce la politica come uno scontro personale, come un insieme di antipatie e vendetta. Ha perso chi mette i veti. Ha perso chi non si preoccupa di vincere ma vuole solo escludere e odiare. Ha perso Giuseppe Conte, certo, e tutti quelli che con lui hanno alzato veti contro Italia Viva. Solo le mie preferenze personali delle Europee sarebbero bastate a cambiare l’esito della sfida, solo quelle. Senza il centro non si vince: lo ha dimostrato la Basilicata qualche mese fa, lo conferma la Liguria oggi. Vedremo se qualcuno vorrà far tesoro di questa lezione”.

Ecco, la lezione in fondo è proprio questa, e cioè che la Liguria squaderna lo “scandalo”, se così possiamo dire, di un centro dematerializzato, senza profilo, tristemente all’angolo. Il problema è se l’Italia possa sopportare a lungo un’assenza che denuncia, per molti aspetti, la permanente devastazione di un progetto politico. Che resta valido, nonostante la devastazione.