Qualche volta serve anche soffermarsi un po di più sul destino delle forze politiche di casa nostra e cercare di capire quali siano le ragioni che producono effetti positivi o negativi per quest’ultime. Perché non c’è alcun dubbio che il vento in poppa ce l’ha sicuramente la Lega, che un vento più flebile sembra invece accarezzare le vele dei 5 stelle e che sia completamente mancante per l’imbarcazione del Pd e di Fi.
Perché le prime due forze registrano consensi così rilevanti? Perché sono in sintonia con alcuni intendimenti della società civile italiana: la lega parla a chi vuol difendere il “suolo” e i 5 stelle alle parti più in difficoltà e ai protestatari di turno.
Il Pd e Fi invece non hanno più alcun interlocutore. A chi si rivolge oggi il Pd? E chi vede con interesse Fi? Questa ultima domanda è la domanda che ci si deve porre.
Il Pd ha subito una mutazione nel corso di questi ultimi dieci anni, oserei dire, persino spaventosa. Solo comprendendo questo cambio di pelle e questo cambio di sostanza si può dar risposta al quesito precedente. Inizialmente il Pd retto
da Veltroni riusciva ancora a mantenere viva la cultura politica pur con uno stentato incontro fra due flussi politici distinti: la tradizione di sinistra e il popolarismo moderato, per relazionarsi con alcuni segmenti significativi della società italiana, frutto questo, che consentiva al Pd del 2008 di ottenere risultati comunque lusinghieri,
L’involuzione si ebbe qualche anno dopo con una lacerazione tra la classe dirigente del Pd e importanti gangli della realtà italiana. Nel 2015/16 si ha il segnale più intenso quando Renzi strappa la relazione con la CGIL, in questo caso il sintomo del malessere ha toccato le vette più elevate. Il Pd è sembrato il partito che non avesse più alcun interesse a tutelare i diritti dei lavoratori. E non parliamo di cose minori … e di altre ancora tipo lo strappo con il mondo della scuola, insomma via via la metamorfosi del Pd andava compiendosi. Però con la seguente caratteristica che il Pd allora governava. Oggi, dopo la sciagura referendaria del 4 dicembre 2016 la deriva del partito di Renzi è apparsa in tutta ampiezza: la trasformazione era orma compiuta.
Adesso, con una condizione politica opposta, il Pd non è al governo nazionale, è stato disarcionato in Regione Fvg, cancellato nelle diverse città italiane, non serve che io puntualizzi le città del Fvg, venute meno tutte le strade di comunicazione con la realtà viva della nostra società, il Pd sembra essersi rinsecchito. Non a caso i consensi sono drasticamente calati, i suoi esponenti o sono afoni o non si vedono più. Nella mia Regione il fenomeno della sparizione è sotto gli occhi di tutti e, sicuramente, non sarà un congresso interno, seppur con primarie, a farlo resuscitare.
La diagnosi, credetemi, non è impietosa, anzi, solo guardando la sostanza delle cose si può dapprima capire l’andamento della realtà e poi, qualcuno volesse rialzarsi, trovare rimedi concreti per non scivolare in un destino oramai quasi segnato.
Ditemi, ma i rappresentanti del Pd regionale che fino a qualche anno fa sbandieravano se stessi in ogni programma televisivo e coprivano larghi spazi sulle pagine dei quotidiani, dove sono finiti? Quella, dai risultati, era quindi solo apparenza e la vuotezza, oggi, viene stigmatizzata con la giusta e impietosa crudezza dei magri consensi politici nazionali e regionali di quel partito.